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  Gli Articoli di MondoMarino.net
Le Spugne
di Beniamino USAI


  
Spugna a canne d'organo (Haliclona mediterranea)
Foto di Daniele LOREFICE
Appartengono al phylum Poriferi, termine che deriva dal latino e significa letteralmente "portatori di pori". Costituiscono un gruppo zoologico dalle caratteristiche così peculiari che i tassonomisti (gli studiosi che classificano gli esseri viventi) hanno dovuto inserirli in una categoria a parte, i Parazoi, per distinguerli da tutti gli altri animali, i Metazoi.

Un aspetto che colpisce subito l'osservatore è la loro forma, generalmente incrostante, a volte globosa, tubulare o ramificata che si erge dal basso verso l'alto e soprattutto il fatto che non si muovono. Per questo motivo gli studiosi del passato hanno considerato a lungo le Spugne come dei vegetali. E' stato soltanto nel 1765 che il naturalista inglese John Ellis scoprì l'identità animale di questi organismi.


  
Spugna tubulare gialla (Aplysina fistularis)
Foto di Alberto ROMEO
Secondo alcuni autori si conoscono circa 5.000 specie di spugne, secondo altri autori invece le specie esistenti sono 10.000. Io personalmente, nella mia pur lunga esperienza di osservatore subacqueo... non ho potuto contarle tutte, mi limito quindi a riportare le due fonti in attesa che gli specialisti del settore si mettano d'accordo.
Sono organismi acquatici soprattutto marini, solo una famiglia, gli Spongilidi, annovera dei componenti, 150 specie circa, che vivono in acque dolci.



  
Sezione di una spugna. Foto di @ BIODIDAC
@ Morfologia
Hanno una struttura molto semplice, la loro forma generalmente è quella di un sacco, fissato al fondale, che delimita un'ampia cavità interna chiamata spongocele. La superficie esterna è costituita da uno strato di cellule epiteliali poligonali dette pinacociti (è un termine di derivazione greca, significa cellule a forma di quadro) che ricoprono completamente l'animale come una sorta di mosaico. Ad intervalli regolari i pinacociti sono interrotti da microscopici pori detti ostii che attraversano, a mo' di tubo, speciali cellule, i porociti, che confluiscono nella cavità interna costituendo così una rete di microscopici canali attraverso i quali l'ambiente esterno comunica con l'interno dell'animale. E proprio questa la caratteristica da cui deriva il termine Poriferi che dà il nome al phylum. I porociti sono in grado, espandendosi o contraendosi di ampliare o ridurre il diametro degli ostii fino a chiuderli completamente.



  
Spugna rossa (Spirastrella cunctatrix)
Foto di Roberto CHESSA
La cavità interna comunica con l'esterno, oltre che con gli ostii, anche per mezzo di un ampio orifizio posto in posizione superiore chiamato osculo, che funge da sifone esalante.
Lo spongocele è rivestito da particolari cellule flagellate provviste di un collaretto di ciglia: i coanociti. Queste cellule agitando vorticosamente e simultaneamente i loro flagelli producono una corrente d'acqua che dall'esterno penetra, attraverso i pori, all'interno del corpo dove le microscopiche particelle organiche trasportate dall'acqua sono catturate dal collare vischioso dei coanociti e vengono quindi fagocitate e digerite dai coanociti stessi. E' evidente quindi che una spugna non può nutrirsi di particelle alimentari che siano troppo grosse per poter essere digerite da un'unica cellula. Per questo motivo, per quanto grandi siano le dimensioni di un porifero (alcune specie possono raggiungere i 2 metri), la loro alimentazione sarà limitata a microscopiche particelle alimentari come diatomee, batteri, organismi unicellulari e finissimo detrito organico. L'acqua con i cataboliti derivati dall'assimilazione degli alimenti defluisce successivamente attraverso l'osculo. Sembra inoltre che siano anche in grado di assorbire sostanze organiche disciolte nel mezzo liquido.



  
Coanocita. Foto di @ BIODIDAC
E' interessante notare che in alcune spugne appartenenti alla classe delle Demosponge il diametro dell'osculo può essere ridotto o ampliato dalla capacità contrattile di alcune cellule, chiamate miociti, collocate intorno all'apertura dell'osculo stesso. I miociti (dal greco mios = muscolo e cito = cellula) infatti ricordano, per molti aspetti, le cellule muscolari.
Tra lo strato cellulare esterno e quello dei coanociti è interposto uno strato intermedio di natura gelatinosa chiamato mesoilo o mesoglea che contiene vari elementi cellulari come gli archeoblasti che, a seconda delle necessità, possono trasformarsi in cellule sessuali o in amebociti. Gli amebociti hanno il compito di trasportare alle altre cellule, muovendosi all'interno della mesoglea, l'alimento catturato dai coanociti.
Le spugne, come abbiamo potuto notare dalla descrizione della loro morfologia, non possiedono una bocca, cosa che invece tutti gli animali hanno, non presentano tessuti veri e propri, non hanno organi né cellule muscolari o nervose. Per la maggior parte delle specie più che di individui si dovrebbe parlare di una massa di cellule.



  
Fibre di Spongina. Foto di J. Houseman @ BIODIDAC
Quasi tutte le spugne possiedono una struttura scheletrica formata da elementi minerali, le spicole, prodotte da speciali cellule, gli scleroblasti, e distinte in macrosclere e microsclere. Le macrosclere hanno una forma molto varia e costituiscono un elemento molto utile per il riconoscimento delle varie specie, formano inoltre l'apparato di sostegno vero e proprio. Le microsclere assolvono funzioni secondarie come la protezione della superficie e la coesione delle macrosclere.
Lo scheletro dei Poriferi può anche essere formato da spicole calcaree, da spicole silicee, da fibre di spongina o da una combinazione di fibre di spongina e spicole silicee. Le fibre di spongina sono prodotte dagli spongioblasti e conferiscono all'organismo una notevole elasticità e deformabilità che consente loro di adattare la propria forma a quella del substrato su cui vivono.



  
Spugna da bagno. Foto di J. Houseman @ BIODIDAC
La spongina è una scleroproteina, un composto organico affine alla chitina, al collagene ed anche alla cheratina che è la sostanza di cui è composta anche la lana. Spongina e lana hanno una curiosa affinità: è noto da tempo che un indumento di lana può restringersi a causa di un cattivo lavaggio, ebbene immergendo lo scheletro corneo di una spugna da bagno, come la mediterranea "Spongia officinalis", in acqua bollente e lasciandolo a mollo per un certo periodo di tempo subirà una lieve riduzione di volume, esattamente come il nostro maglione di lana lavato senza troppe attenzioni.

Considerando la struttura e la forma del corpo le spugne possono presentare tre tipi di morfologia:


  
Spugna leucon. Foto di @ BIODIDAC
1) tipo Ascon o Asconide. La parete corporea è costituita da tre strati e corrisponde al modello di spugna precedentemente descritto. La caratteristica principale è di avere i coanociti sulla superficie interna dello spongocele;

2) tipo Sycon o Syconide. E' un tipo di struttura più evoluto. La parete è più spessa e i coanociti sono situati in camerette, derivate da digitazioni orizzontali a fondo cieco dello spongocele. Le conseguenze sono una riduzione del volume della cavità interna e un aumento della superficie flagellata che consentono di filtrare l'acqua più efficacemente.

3) tipo Leucon o Leuconide. E' il più evoluto di tutti. Possiede una struttura complessa con un sistema di filtrazione dell'acqua molto efficace che ha permesso ad alcune specie di raggiungere dimensioni anche notevoli. I coanociti sono situati all'interno del corpo in tante camere intercomunicanti fra loro.



  
Spugna (Ircinia variabilis)
Foto di Roberto CHESSA
@ Classificazione

In base alla composizione delle spicole scheletriche le spugne vengono suddivise in 4 classi.

Calcisponge. Hanno esclusivamente spicole calcaree, possono presentare tutti e tre i tipi di organizzazione: Ascon, Sycon e Leucon. Sono di piccole dimensioni, non superano i 10 cm e generalmente vivono in acque vicino alle coste.

Sclerosponge. Questa classe è formata da un ristretto gruppo di spugne, per lo più tropicali che vivono in grotte o in ambienti oscuri. Il loro scheletro è formato da fibre di spongina e da spicole silicee inserite su un basamento calcareo.



  
Euplectella aspergillum. Foto di J. Houseman @ BIODIDAC
Hyalosponge. Sono chiamate anche spugne vitree. Vivono a grandi profondità. Presentano struttura Leucon. Hanno lo scheletro composto esclusivamente da spicole silicee che possono fondersi fra di loro fino a formare degli spettacolari reticolati come, ad esempio, in Euplectella aspergillum chiamata cesto di Venere.

Demosponge. Possono avere lo scheletro siliceo o corneo o formato da una combinazione di spicole silicee e fibre di spongina. Sono le più diffuse, comprendono oltre il 90% delle specie conosciute. La loro struttura è di tipo Leucon. A questa classe appartengono anche le spugne da bagno.


  
Spugna patata (Chondrosia reniformis)
Foto di Alberto ROMEO
@ Riproduzione

La riproduzione vegetativa è molto diffusa, avviene con la comparsa, sul corpo del genitore, di gemmule che ad un certo punto si staccano per dare vita ad un nuovo organismo.

Una curiosa modalità riproduttiva ce la offre una specie mediterranea, la Chondrosia reniformis. Questa spugna si gonfia fino a lacerarsi in tanti brandelli che, a loro volta, genereranno nuovi individui.



  
Spugna patata (Chondrosia reniformis)
Foto di Alberto ROMEO
La riproduzione sessuata è però la più diffusa e consiste nella produzione di gameti. I sessi possono essere separati, ma i casi di ermafroditismo sono più frequenti. Le spugne non possiedono gonadi e gli spermi, che derivano da archeociti modificati, dopo essere stati liberati con la corrente d'acqua penetrano all'interno di una spugna con gameti femminili dove fecondano le uova. Le uova così fecondate restano all'interno del corpo del genitore fino a raggiungere un particolare stadio chiamato anfiblastula. A quel punto si staccheranno dal corpo madre e, dopo aver trascorso un certo tempo nella fase planctonica, si fisseranno ad un substrato metamorfosandosi in forme adulte.
Le loro capacità di rigenerazione sono , a dir poco, sorprendenti, se si prende una spugna e la si fa passare attraverso un setaccio molto fine, i pezzettini così ottenuti si aggregheranno fra di loro fino a ricomporre una nuova spugna. Due spugne della stessa specie che vivono a breve distanza fra loro, se giungono a toccarsi, possono fondersi in un'unica massa corporea.



  
Spugna con granchio facchino (Ciocalypta penicillus)
Foto di Daniele LOREFICE
@ Ecologia, Uso e Curiositą

Le Spugne sono presenti in tutti i mari del mondo, a partire da poco sotto la superficie fino a migliaia di metri di profondità. Alcune specie vivono libere sui fondali, tutte le altre crescono su diversi tipi di substrato, per la maggior parte però aderiscono ai fondali rocciosi. Possono trovarsi perfino sul carapace di alcuni crostacei che le trasportano addosso per nascondersi alla vista dei loro nemici naturali.



  
Spugna gialla (Agelas oroides)
Foto di Alberto ROMEO
Vivono di solito in acque molto limpide in quanto le particelle in sospensione potrebbero ostruire i canali della loro rete interna danneggiandole in modo irreparabile. Per questo motivo possono crescere su fondali fangosi solo in acque molto calme dove difficilmente si possa trovare melma in sospensione.
I Poriferi si rinvengono facilmente all'interno di grotte e cavità rocciose. Sono organismi molto competitivi e, se le condizioni sono favorevoli, a causa della loro velocità di crescita, più rapida di quella degli altri organismi marini, riescono a prevalere su tutti i loro vicini avvolgendoli e soffocandoli con la loro massa corporea.
Le specie appartenenti al genere Cliona vivono all'interno di formazioni calcaree che perforano con secrezioni acide.



  
Spugna viola (Oscarella lobularis)
Foto di Alberto ROMEO
In profondità vivono soprattutto individui appartenenti alla classe Hyalosponge .Vicino alla superficie troviamo invece spugne cornee le quali, grazie alla particolare elasticità della spongina di cui sono composte, resistono molto bene all'azione del moto ondoso.

Le spugne con scheletro corneo tendono ad inglobare dei granelli di sabbia tra le loro fibre di spongina per renderle più consistenti. Alcune specie, fra cui la spugna mediterranea Spongia officinalis presentano invece la struttura di spongina completamente priva di corpi estranei. Questo è il motivo della loro particolare morbidezza. Gli antichi Romani conoscevano bene queste peculiari caratteristiche delle spugne da bagno e, oltre che per la pulizia del proprio corpo, le utilizzavano per imbottire l'interno dei loro elmi e delle loro armature.

Organismi unicellulari come i cianobatteri possono vivere ospiti negli strati più superficiali del corpo di diverse spugne conferendo loro una caratteristica e quanto mai varia colorazione.
  
Spugna (Oscarella lobularis)
Foto di Alberto ROMEO
E' interessante notare che le stesse spugne che albergano i cianobatteri se crescono in ambienti oscuri, come le grotte, assumono una colorazione biancastra. La spiegazione di questo fenomeno è semplice: le zoocianelle non possono vivere al buio, senza la luce infatti non possono attuare la fotosintesi che è indispensabile al mantenimento dei propri processi vitali.
Le spugne sono inoltre in grado di produrre antibiotici per impedire il proliferare di microorganismi che altrimenti troverebbero un ambiente ideale fra la loro massa porosa.

A causa dello sgradevole odore che emanano e soprattutto delle tossine che contengono i Poriferi hanno pochissimi nemici naturali. Solo alcuni animali si nutrono di spugne, soprattutto nudibranchi e pochi altri molluschi, in genere patelle e littorine. Gli altri animali marini evitano accuratamente di mangiarle.

Esperimenti eseguiti sui pesci hanno dimostrato che questi ultimi muoiono se vengono costretti a ingerire pezzetti di spugna. In Mar Rosso è presente una spugna rossa molto appariscente, la Latrunculia magnifica che ha un elevato grado di tossicità: i pesci, infatti, non solo non se ne nutrono ma si tengono a distanza. La stessa Latruncula spremuta in un acquario ha provocato la morte di tutti i pesci.
Due specie caraibiche, la Tedania ignis e la Neofibularia nolitangere possono provocare, se toccate, irritazioni e dermatiti. I nomi specifici latini ignis e nolitangere sono più di un avvertimento: significano rispettivamente fuoco e non toccare.

Dopo il "fuoco" dei Caraibi torniamo al nostro Mediterraneo per concludere con un'ultima curiosità sulla nostra comunissima spugna da bagno (Euspongia officinalis). Officinalis significa letteralmente terapeutica in quanto nell'antichità, fin dai tempi dei Romani, si utilizzavano le ceneri, che contengono una buona percentuale di iodio, per curare il gozzo, ben 2000 anni prima che fossero scoperti gli ormoni tiroidei.


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