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martedì 14 agosto 2012

Uno squalo elefante in vacanza in Sardegna


Numerosi squali si aggirano nelle acque italiane, ma sono tutti innocui e si nutrono di plancton.
Nulla è da temere se si dovesse avvistare un enorme squalo con la bocca spalancata nei nostri mari. Certamente l'impatto potrebbe far paura, ma con maggior spirito di osservazione quella enorme bocca risulterebbe essere senza denti.
Nelle nostre acque infatti ci sono numerose specie di squali, tutti "erbivori", e l'utimo avvistato nelle acque sarde è solo un innocuo esemplare di squalo elefante, detto anche cetorino.
«Lo squalo elefante è un animale migratore, non sappiamo da dove arriva e abbiamo scarse informazioni su questa specie, ma è certamente un esemplare del tutto innocuo nutrendosi prevalentemente di plancton» racconta all'Adnkronos Eleonora de Sabata, giornalista, fotografa di mare e presidente dell'associazione ambientalista MedSharks che si occupa della ricerca, divulgazione e conservazione degli squali nel Mediterraneo.
«Le dimensioni sono enormi -aggiunge l'esperta- è la seconda specie più grande al mondo dopo lo squalo balena e il primo nel Mediterraneo raggiungendo in media i 7-8 metri di lunghezza».
Sulla presenza di questo animale nelle nostre acque dice: «Di squalo elefante ci sono state circa cento segnalazioni nell'ultimo secolo e molte negli ultimi anni. Durante l'inverno, soprattutto nei mesi di febbraio e marzo, tanti gli avvistamenti in Sardegna. Proprio la settimana scorsa è stato avvistato un esemplare nel Golfo di Orosei (Nuoro). Negli ultimi tempi l'isola è stata una tappa fissa per questo tipo di squalo, ma anche in Puglia e in generale nell'Adriatico sono comparse le loro pinne».
«Nel 2005 MedSharks -prosegue l'esperta di squali Eleonora de Sabata- con la collaborazione della Fondazione Principe Alberto II di Monaco, ho dato vita all' «Operazione squalo elefante' (Ose), la prima ricerca `sul campo´ nel Mediterraneo di questo misterioso animale che si basa esclusivamente sugli avvistamenti. Un'importante iniziativa dell'associazione è stata quella di immortalare le pinne dorsali di alcuni esemplari, che sono una specie di carta d'identità per questa specie, e dar vita a uno schedario fotografico. Le immagini saranno presto confrontate con ricercatori stranieri per verificare se si tratta degli stessi animali che in estate frequentano i mari atlantici".
L'esperta ha poi concluso analizzando la situazione generale degli squali nei nostri mari: «Sono molto diminuiti nelle nostre acque, un dato preoccupante è che il 42% delle specie (circa una settantina) di squali nel Mediterraneo è a rischio estinzione secondo l'ultimo rapporto della Iucn (L'Unione mondiale per la conservazione della natura), uscito il 16 novembre scorso, dove mako e smeriglio sono risultati i più a rischio.



Fonte: La Stampa.it

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