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Biodiving: photosub, marine biology, diving school

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  Gli Articoli di MondoMarino.net
Le bavose, pesci con le corna
di Francesco TURANO


  
Bavosa cornuta (Parablennius tentacularis)
Foto di Francesco TURANO
Simpaticissimi! Non saprei come meglio definire questi piccoli pesciolini comunemente noti come bavose e detti scientificamente blennidi.

Molto apprezzati dai fotografi subacquei proprio per il loro modo di mettersi in posa, per nulla intimoriti e spesso così curiosi da guardarti persino negli occhi quando sconfini nel loro mondo, i blennidi si lasciano avvicinare quasi sempre con una certa facilità. Mentre impazzisci a mettere a fuoco la testolina “cornuta” (e si, questi pesci sono dotati di tentacoli sopra gli occhi, simili a corna), avendo cura di non perdere la nitidezza e la brillantezza di uno sguardo animale che, da solo, ti riempie l'immagine, la bavosa si pavoneggia roteando gli occhi e guardandosi intorno come stupita.


  
Bavosa cornuta (Parablennius tentacularis)
Foto di Francesco TURANO
Ancora una volta la fotografia naturalistica, anche sott'acqua, viene in aiuto nello studio del mondo animale. E i fotografi mossi da questa passione usano la fotocamera per conoscere, oltre cha per costruire immagini significative ed esaltanti graficamente.

I blennidi, ai quali ho dedicato negli anni molte delle ore passate sott'acqua, sono piccoli pesci bentonici, che vivono nella zona intertidale e litorale. Se ne conoscono più di 650 specie distribuite in tutto il mondo e una ventina di queste sono presenti nel Mar Mediterraneo.

Il fotosub apprezza solitamente i blennidi della fascia tropicale del pianeta, per una serie di motivi che possono essere brevemente riassunti nel colore, ovviamente più vario e sgargiante, e nel fatto che solitamente anche l'ambente di vita scelto dal pesciolino è particolarmente bello e interessante. I blennidi del Mediterraneo, ai quali in queste righe rivolgeremo invece la nostra attenzione di subacquei motivati, sono caratterizzati da livree forse meno appariscenti, ma a mio avviso sempre molto eleganti e oserei dire discrete. Inoltre vivono sovente in ambienti poco frequentati dai subacquei, vuoi per la scarsa profondità, vuoi per il contesto generale in cui reperirli (un fondale di sabbia o detrito è infatti solitamente trascurato dai più), apparentemente monotono; ciò le rende soggetti del tutto occasionali per il fotografo subacqueo dedicato al Mediterraneo (salvo qualche specie).


  
Bavosa occhiuta (Blennius ocellaris)
Foto di Francesco TURANO
Iniziai a studiare le bavose da ragazzino, quando mio padre mi insegnò a pescare con la canna dalla riva. La prima volta che tirai su una bavosa all'amo, mi resi conto del suo curioso aspetto, del formidabile contorsionismo, conobbi la viscida pelle (protetta da una mucosa) e, soprattutto, mi resi conto delle possenti mascelle quando, nel toglierla dall'amo, si girò per mordermi con tutta la sua forza. Non dimenticherò mai la bocca della bavosa sul mio dito!

Abbandonai la canna da pesca ed entrai subito a contatto diretto con il fantastico mondo sommerso, per scoprire qualcosa di più. E già in un palmo d'acqua ecco le prime bavose, abbondantissime e frenetiche. All'inizio conobbi una specie nota come bavosa sanguigna, di dimensioni medie se confrontata con le cugine di famiglia. All'epoca non sapevo cosa potesse significare fotografare sott'acqua e non immaginavo quanto sarebbe stato difficile riprendere in quelle condizioni un pesce estremamente guizzante tra le pietre del fondo in venti o cinquanta centimetri d'acqua. Forse la bavosa sanguigna è uno dei pochi pesci di cui ancora oggi possiedo pochissime immagini, nonostante sia una delle più comuni.
  
Bavosa sanguigna (Parablennius sanguinolentus)
Foto di Margherita LUZI
Questa bavosa difficilmente usa anfratti del fondo per ritirarsi, come fanno le altre bavose quando si lasciano fotografare, ed essendo in perenne movimento sotto l'effetto delle onde che si frangono, diventano pesci molto difficili da immortalare. Particolarmente territoriali, sono molto interessanti da osservare facendo snorkeling con mare calmo. La luce abbondante che penetra sotto la superficie rende invitante l'ambiente sommerso dei primi metri e proprio qui le bavose sono tra i pesci più diffusi e facili da incontrare. Una delle curiosità di questi pesci sta nel fatto che alcuni di essi si incontrano anche nelle pozze di marea e persino sugli scogli emersi. Vi sono infatti alcune specie capaci di restare persino fuor d'acqua per brevi periodi.

Se proviamo a fare l'appello delle diverse bavose presenti nel nostro mare, per conoscere un po' più da vicino ogni singolo rappresentante di questa famiglia e capire di più sulla loro biologia, ci immergeremo con un bagaglio teorico che forse ci consentirà, col tempo, di captare i segreti della vita dei blennidi.


  
Bavosa ruggine (Parablennius gattorugine)
Foto di Francesco TURANO
Le più grandi della famiglia sono la bavosa ruggine (Parablennius gattorugine) e la bavosa occhiuta (Blennius ocellaris), che raggiungo rispettivamente 30 e 20 cm di lunghezza. La bavosa ruggine ama gli ambienti di scogliera poco profondi, ma non disdegna fondi detritici e praterie di posidonia. La bavosa occhiuta ama invece i fondi mobili di sabbia e fango e vive abitualmente tra i 30 e i 300 metri di profondità. Queste due bavose sono forse le più note tra i subacquei, sia per le dimensioni, che le rende comunque visibili solo ad un occhio esperto, sia per la diffusione a quelle quote che maggiormente vengono frequentate da chi pratica immersioni in Mediterraneo.
  
Bavosa occhiuta (Blennius ocellaris)
Foto di Francesco TURANO
Adoro questi due pesciolini, per il loro modo di fare, per i loro incredibili colori e per le forme bizzarre. Come non restare incantati da una bavosa ruggine che protegge le sue uova deposte in una fenditura della roccia, agitandosi in un andirivieni titubante di fronte al fotosub; e come non restare senza fiato al cospetto di una coppia di blennidi ocellati, intenti a proteggere le uova deposte dentro una bottiglia, con il maschio che ti affronta colpendo a morsi violenti i tuoi flash senza mostrare la benchè minima paura?

Tra le grandi della famiglia c'è anche la bavosa sanguigna (Parablennius sanguinolentus), che arriva anch'essa a venti centimetri e, come abbiamo già detto, ama i bassifondi rocciosi.

Osservarla significa immergersi in apnea e strisciare con la pancia sugli scogli; pensate un pò cosa può significare poi avvicinarsi per fotografarla…


  
Bavosa cornuta (Parablennius tentacularis)
Foto di Francesco TURANO
Fino a 19 cm di lunghezza si spinge inoltre la bavosa atlantica (Blennius polis), amante delle acque poco profonde e presente negli stessi ambienti dove si trova solitamente la bavosa sanguigna. La bavosa basilico (Salaria basilisca), tipica degli ambienti costieri dove abbondano le alghe, raggiunge al massimo i 18 cm, mentre 15 cm sono il limite della bavosa cornuta (Parablennius tentacularis), amante dei fondi sabbiosi e melmosi tra la superficie e i 30 m. Moltissimi gli incontri possibili con questa bavosa dalle lunghe corna, un pesce che predilige ogni tipo di relitto adatto come tana: dal mattone forato al tubo di plastica, dalla bottiglia di vetro alla lattina, ma che non disdegna, ovviamente, gli interstizi delle rocce. Poco sotto la superficie vive poi la bavosa capone (Paralipophrys trigloides), di solito in ambienti di scogliera, blennide che non supera i 12 cm. E tra i blennidi sui dieci-dodici centimetri di lunghezza massima si annoverano ancora la bavosa pavone (Salaria pavo), la bavosa galletto (Coryphoblennius galerita), frequente nella fascia di marea e nelle pozze, specie vicino ai balani, e la bavosa crestata (Blennius cristatus), amante delle acque calde dei bassi fondali in genere.


  
Bavosa bianca (Parablennius rouxi)
Foto di Francesco TURANO
Tra le bavose più piccole abbiamo ancora diverse specie. Fino a un paio di metri di profondità vive la bavosa dalmatina (Lipophrys dalmatinus), che non supera i 4 cm di lunghezza; stessa dimensione massima per la bavosa adriatica (Lipophrys adriaticus), tipica di acque molto basse e illuminate, dove vie in ambienti rocciosi popolati da balani. Sette centimetri per la bavosa sfinge (Aidablennius sphynx), la bavosa gote gialle (Lipophrys canevae), la bavosa cervina (Parablennius zvonimiri) e la bavosa bianca (Parablennius rouxi). La più piccolina delle bavose è infine la bavosa rossa (Lipophrys nigriceps), amante delle grotte poco profonde dove trova spesso rifugio in cavità più o meno circolari, tra le spugne o sulla roccia. Restano infine un paio di rare bavose, presenti lungo le coste africane del Mediterraneo e un paio di specie meno note che vivono in acqua dolce.

Una caratteristica comune è la mucosa che ricopre la pelle, che in questi pesci è priva di squame. La parola greca blennos , da cui bavosa, significa infatti “viscoso”. Ed è appunto la viscosità che consente ad una di queste bavose, la bavosa galletto, di restare all'asciutto sugli scogli durante la notte, bagnata solo dall'andirivieni delle onde. Il muco non permette infatti alla pelle del pesce di essiccarsi, garantendo un'idratazione ottimale che, insieme all'umido della notte, consente una prolungata permanenza fuori dall'acqua.


  
Bavosa occhiuta (Blennius ocellaris)
Foto di Francesco TURANO
Altra peculiarità che contraddistingue questi pesci è la livrea, decisamente mimetica e particolarmente sobria. Tutte le bavose hanno un'unica pinna dorsale, molto lunga ed estesa fino alla coda. Le pinne pettorali sono sempre molto ampie, a ventaglio, mentre le sottili pinne ventrali sono utilizzate come due piccole “gambe”. Con queste ultime le bavose sembra che zampettino sul fondo, spostandosi a scatti con movimenti più simili a quelli di un “serpentello” che di un pesce vero e proprio.


  
Bavosa occhiuta (Blennius ocellaris)
Foto di Francesco TURANO
I blennidi non sono abili nuotatori e mantengono uno stretto rapporto col fondo; sono tra l'altro pesci privi di vescica natatoria. Riescono tuttavia ad essere rapidi negli spostamenti e a muoversi con grazia ed eleganza, quasi in “punta di pinne”, a volte piegando il corpo, molto allungato, a formare una sorta di ferro di cavallo, con la coda portata verso la bocca. Le estremità delle pinne pettorali e anali sono inoltre dotate di piccoli uncini, utili strumenti per ancorarsi al fondo e non essere così trascinate via dalle onde.

Dotate di uno spiccato senso dell'orientamento, sono in grado di ritrovare la propria tana da notevole distanza. La loro spiccata territorialità, la loro aggressività, la grande curiosità e il loro strano modo di “essere pesci” rende le bavose molto divertenti da osservare in natura.




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