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giovedì 16 luglio 2009

Nel mare vivono "lampadine" viventi"


Nel mare nuotano anche “lampadine” viventi. Organismi marini che emanano energia, da quelli luminosi a quelli che rilasciano scariche elettriche. Milioni di anni prima dell’invenzione della lampadina, infatti, la natura ha fornito a molte creature punti luce e batterie “incorporate”. Per tutelare e diffondere la cultura della biodiversità marina e gli studi sulla bioluminescenza, Enel e Marevivo hanno presentato oggi a Roma “20.000 volt sotto i mari”, un’iniziativa mirata al tema dell’energia nell’ambiente marino. Come dire che se per molti l’energia è quella cosa che fa accendere una lampadina, fa sì che si possa vedere la televisione o mettere in moto la lavatrice, in realtà, sotto varie forme, l’energia è presente in ogni aspetto della vita che ci circonda.

Insieme, la Società elettrica e del gas, da sempre attenta ai temi della sostenibilità ambientale, e l’Associazione ambientalista, intendono così «diffondere il significato dell’energia nell’ambiente marino, approfondendo il tema della ricchezza di biodiversità che il mare racchiude e l’importanza della sua conservazione». All’incontro hanno preso parte Rosalba Giugni, Presidente di Marevivo, Marina Migliorato, responsabile Csr rapporti con le associazioni di Enel, e Ferdinando Boero, professore del CoNisMa, il Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Scienze del Mare, e membro del comitato scientifico di Marevivo.

«La bioluminescenza, la produzione di luce in maniera organica, permette -sottolineano Enel e Marevivo - a una miriade di organismi marini di generare luce per adescare o abbagliare, nascondersi o farsi notare, mangiare o evitare di essere mangiati, muoversi nel buio degli abissi e perfino comunicare. Questi organismi, spesso di piccole dimensioni, sono sempre più minacciati dal degrado del loro habitat.

La conoscenza di queste “lampadine” viventi e del loro ruolo fondamentale nell’ecosistema marino, può attivare una maggiore consapevolezza della necessità di tutelare il mare e le sue risorse». Come la medusa che riesce a non morire.

Ricercatori italiani hanno infatti mostrato come la medusa Turritopsis sia in grado di invertire il suo ciclo biologico, riorganizzando le sue cellule ed evitando, almeno temporaneamente, la morte. «In futuro, forse, anche questa scoperta ci potrebbe portare applicazioni inaspettate» sottolineano nel e Marevivo. «La biodiversità marina – aggiungono - è in gran parte sconosciuta. Anche le specie conosciute, come Aequorea e Turritopsis, ci riservano sorprese inaspettate. Animali percepiti di solito negativamente, come le meduse, possono diventare nostri grandi alleati».

«La ricerca di base - sottolineano ancora - è il presupposto imprescindibile per l’innovazione tecnologica in tutti i campi, incluso quello energetico. Ed è il mare a riservarci le sorprese più rilevanti». E la ricerca in questo campo ha fatto molti passi avanti.

Nel 1962 fu infatti osservata la bioluminescenza nella medusa cristallo, l’Aequorea victoria. Inizialmente fu studiata per il puro piacere della scoperta. Poi si scoprì che la Proteina Verde Fluorescente alla base del fenomeno poteva essere impiegata per la diagnostica anche in campo medico. E nel 2008 il premio Nobel per la Chimica è stato attribuito proprio agli scienziati Osamu Shimomura, Martin Chalfie e Roger Y. Tsien per le loro scoperte sulle proteine fluorescenti. Spinti dalla curiosità, Shimomura, Chalfie e Tsien hanno rivelato i misteri della bioluminescenza di Aequorea e ne hanno poi trovato importanti applicazioni.

Fonte: La Stampa

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