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giovedì 24 aprile 2008

Fitoplancton che resiste all'acidità


Le prove raccolte in campo aperto, cioè negi oceani, sembrano confermare i risultati della ricerca: negli ultimi 220 anni, via via che gli oceani sono diventati sempre più acidi si è registrato un incremento del 40 per cento nella massa media dei coccoliti
L’acidificazione degli oceani è un processo descritto ormai da tempo, ed è determinato dall’assorbimento di una notevole quantità di anidride carbonica presente nell’atmosfera prodotta dalle attività umane. Il processo potrebbe avere un effetto devastante per gli ecosistemi marini, soprattutto se continuerà con il ritmo attuale. In particolare molte specie marine troveranno difficoltoso, se non impossibile, produrre il loro scheletro di calcite in condizioni acide.
Sembra tuttavia che un tipo di organismi produttori di carbonato potrebbero superare il “test dell’acido”; anzi, potrebbero ricavare un vantaggio dalle mutate condizioni dell’acqua marina. Sulla rivista “Science” M. Debora Iglesias-Rodriguez e colleghi dell’Università di Southampton, descrivono una serie di esperimenti in cui il biossido di carbonio è stato immesso in quantità attraverso colture di coccolitofori della specie Emiliania huxleyi, fitoplancton unicellulare che produce coccoliti, sottili placche di calcite.
Dall’analisi dei risultati è emerso che le più alte concentrazioni di biossido di carbonio in realtà hanno avuto l’effetto di incrementare la calcificazione e la fissazione del carbonio da parte dei coccolitofori. Le prove raccolte in campo aperto, cioè negi oceani, sembrano confermare questa circostanza: negli ultimi 220 anni, via via che gli oceani sono diventati sempre più acidi, si è registrato un incremento del 40 per cento nella massa media dei coccoliti. I risultati suggeriscono così che gli organismi marini possano avere risposte all’acidificazione dell’oceano molto più complesse di quanto ritenuto finora. (fc)

Fonte: Le Scienze

News controllata da: Franco IANNELLO


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