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martedì 1 agosto 2006

Il riccio di mare svela i segreti dell’Alzheimer


Le responsabili dell’Alzheimer non sono, come si pensava, le fibrille che proteina beta-amiloide (beta-A) forma sui neuroni dei malati, bensì aggregati ancora più piccoli, oligomeri della proteina beta-A. A evidenziarlo è uno studio condotto sull’embrione di riccio di mare dai ricercatori di due istituti del CNR, dell’Istituto di biofisica (Ibf) e dell’Istituto di biomedicina e immunologia molecolare di Palermo, i cui risultati sono stati pubblicati sull’ultimo numero della rivista Faseb Journal Express.
“L’Alzheimer costituisce una delle grandi emergenze sociali e sanitarie di questi anni. – dice Pier Luigi San Biagio dell’Ibf – A livello neuropatologico, com’è noto, questa malattia è caratterizzata da una degenerazione del tessuto cerebrale, il quale viene ‘attaccato’ da placche senili il cui principale componente è la beta-A. Questo peptide è un prodotto del metabolismo cellulare e circola normalmente nei fluidi corporei, ma sui neuroni dei malati può precipitare in forma di fibrille e di altri aggregati oligomerici, una sorta di fibrille più piccole e sottili”.
Lo studio in vitro e in vivo attuato per evidenziare nuovi aspetti legati all’aggregazione di questa sostanza e alla sua incidenza patologica, mediante tecniche spettroscopiche e di scattering di ha permesso di comprendere le basi molecolari del meccanismo di formazione delle fibrille. Nell’osservazione in vivo effettuata sull’embrione di riccio di mare, il cui funzionamento cellulare da un punto di vista biochimico è simile a quello dei mammiferi, è emerso che i monomeri e gli oligomeri di beta-A producono un maggior numero di malformazioni negli embrioni rispetto alle fibrille e che talvolta arrivano a causare la loro morte cellulare (apoptosi). La ricerca avvalora dunque l’ipotesi che siano gli oligomeri più che le fibrille la causa primaria del disturbo; le fibrille potrebbero anzi essere un meccanismo di difesa messo in atto dall’organismo per ridurre l’azione tossica degli oligomeri.

Fonte: Le Scienze

News controllata da: Franco IANNELLO


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