lunedì 19 giugno 2006
Spadare, allarme Delfini nel Mediterraneo
Un esemplare di stenella, una specie di delfino presente nei nostri mari, è stato rinvenuto nei giorni scorsi nelle acque di Vibo Marina. Purtroppo il cetaceo, della lunghezza di circa 140 cm, era ormai in avanzato stato di decomposizione ed è stato trasportato a riva grazie all’intervento di un Gommone dei Vigili del Fuoco che opera all’interno del porto. Sul posto si sono recati i militari della Guardia Costiera che hanno avvisato del fatto il WWF e il servizio veterinario dell’ASL. Dai rilievi effettuati dagli esperti, è risultato che al povero delfino era stata tagliata la coda, segno evidente di un contatto con una rete, che ne ha provocato la morte per annegamento. Mentre a livello internazionale si discute della tutela dei grandi cetacei con l’apertura ieri della 58° Commissione baleniera, nel nostro mare continua la strage di cetacei come le stenelle e i capodogli. A denunciare questa grave situazione è il WWF Italia che chiede sanzioni più severe per chi ancora utilizza mezzi banditi a livello internazionale e più denunce per chi infrange la legge comunitaria. Secondo il WWF Italia questa è l’unica via possibile per fermare la pesca illegale e per questo si schiera al fianco dei pescatori che rispettano la legge e con la Guardia di Finanza e le Capitanerie di Porto che si impegnano ogni giorno a difesa del mare. L’uso delle reti derivanti (le così dette spadare) è un reato sancito dalla normativa Ue, è un crimine contro il mare per l’altissimo impatto ambientale che comporta. Sono mezzi vietati infatti sia dall’Europa sia dal CGPM (Commissione Generale Pesca Mediterraneo) dal 2002 e nel Mediterraneo intero sono state bandite dal 2005. reti spadare sono reti da posta derivanti, quindi non fisse, che vengono calate in mare e lasciate alla deriva, usate per la cattura di grossi pesci pelagici, come diverse specie di tonni, ma soprattutto per il pesce spada, da cui prendono appunto il nome. Sono reti lunghissime, anche fino a venti chilometri, e larghe fino a trenta metri, fatte di nailon molto resistente. Le reti provocano il cosiddetto “effetto muro”; le moderne spadare di fibre sintetiche inoltre non vengono calate vicino alla costa da piccole imbarcazioni a remi o a vela, bensì da pescherecci con potenti motori che si spostano in mare aperto. Le spadare arrecano un grande danno all’ecosistema marino, non essendo un mezzo di pesca selettivo. L’efficacia delle reti derivanti si attesta al massimo al 18%, ciò vuol dire che oltre l’80% del pescato non è una risorsa per il pescatore. Nella rete finiscono infatti tartarughe, piccoli delfini come le stenelle, ma anche cetacei molto più grandi come i capodogli e le balenottere presenti nel Mediterraneo. Queste le ragioni per cui sono stati distribuiti 200 milioni di euro ai pescatori italiani per la riconversione, cioè per sostituire le reti spadare con altri strumenti di pesca. Il WWF Italia chiede che l’investimento fatto dall’Ue non vada in fumo e per questo occorre anche l’intervento delle associazioni dei pescatori che con un atto di responsabilità denuncino i "bracconieri del mare". Chi infrange la legge per soddisfare i propri profitti perpetra un reato oltre a privare l’intera comunità di risorse preziose. Il WWF Italia appoggia la pesca legale, sostenibile e nel rispetto delle norme.
Fonte: WWF Italia
News controllata da: Franco IANNELLO
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