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  Se@News

lunedì 6 marzo 2006

Maestri di mimetismo


Molti animali hanno sviluppato abilissimi camuffamenti come strategie difensive per sfuggire ai loro nemici naturali od offensive per ingannare le loro prede: se ne trovano straordinari esempi tra gli organismi marini.
In natura esistono vari tipi di mimetismo, con diverso significato funzionale. Il polpo per esempio (Octopus vulgaris) può di volta in volta imitare alla perfezione il substrato in cui si trova variando il colore dei cromatofori contenuti nella sua epidermide.
Una raffinata strategia difensiva è costituita dal cosiddetto «mimetismo batesiano» dal naturalista Henry W. Bates (1825-1892): alcune specie indifese e appetibili si difendono imitando l'aspetto di altre specie molto più temibili. Il pesce Plesiops per esempio, possiede un vistoso «falso occhio» sulla regione caudale, di modo che, infilando il capo all'interno della roccia e facendo sporgere solo la coda, somiglia straordinariamente alla testa della vorace murena Gymnothorax moringa. Il risultato è che la sua sola vista da lontano è sufficiente a scoraggiare la quasi totalità dei predatori.
Le razze, i tipici pesci cartilaginei piatti, si mimetizzano sprofondandosi nei fondali sabbiosi, lasciando sporgere solo gli occhi a periscopio. La loro coda è munita di un lungo aculeo velenoso che normalmente questi animali utilizzano solo in casi estremi. Se calpestate inavvertitamente però, esse possono reagire e la loro puntura può essere anche molto dolorosa.
Ma il mimetismo è usato anche come arma offensiva: un pesciolino tropicale, il blennio dai denti a sciabola (Aspidontus taeniatus) ha un aspetto molto simile all'innocuo labride pulitore delle barriere coralline (Labroides dimidatus) e riesce ad avvicinarsi ai pesci che, abituati a farsi ripulire dagli ectoparassiti, vengono invece attaccati dal blennio.
Veri maestri di mimetismo tra rocce e scogliere sono i pesci della famiglia degli scorpenidi, comprendente scorfani e pesci scorpione, che devono il nome alla serie di aculei velenosi che recano sulla pinna dorsale. Questi animali si fidano completamente delle loro capacità mimetiche e rimangono immobili come pietre, venendo così a volte calpestati dagli incauti bagnanti. Il loro veleno, fatale per i pesci, causa seri problemi anche all'uomo, fino ad arrivare alla morte nel caso di certe specie tropicali, come il pesce pietra.
Il pesce trombetta, della famiglia degli aulostomidi, imita perfettamente il colore giallo e la forma allungata e verticale delle gorgonie che costituiscono il suo rifugio. Esso inoltre, è capace di farsi trasportare sul dorso di un pesce pappagallo che usa come vero e proprio «cavallo di Troia» per avvicinarsi indisturbato alle sue possibili prede: la sua «cavalcatura» infatti non è temuta dalle ignare vittime, poiché si ciba solo di polipi del corallo.

Fonte: Le Scienze

News controllata da: Aida MANCUSO


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