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lunedì 16 luglio 2007

Dalla medusa una proteina che rivela i difetti cellulari


La medusa, croce di tutti i bagnanti e nota per le fastidiose lesioni provocate dal suo liquido urticante, contiene una particolare proteina che emette luce e che può essere usata come "marcatore visivo" per trovare difetti all'interno delle cellule. È il risultato di uno studio condotto da ricercatori del Cnr-Infm (Istituto Nazionale per la Fisica della Materia-Consiglio Nazionale delle Ricerche) e del Nest (National Enterprise for nanoScience and nanoTechnology) della Scuola Normale Superiore di Pisa.
Lavorando con la proteina fluorescente verde (GFP), presente nella Aequorea victoria, medusa che abita nelle acque profonde del Pacifico, il gruppo di ricerca guidato da Fabio Beltram è riuscito ora a modificarla fornendole proprietà aggiuntive, in particolare quella di cambiare conformazione e acquisire nuove proprietà, come il cambiamento di colore, in risposta a stimoli esterni quali la presenza di una specifica proteina mutata o la concentrazione di una specie chimica.
"Queste proteine mutate - spiega Fabio Beltram, che ha presentato la ricerca al convegno Functional Materials and Molecular Devices for Nanoelectronics and Nanosensing del CNR - da semplici lampadine fluorescenti diventano così dei veri e propri sensori, che reagiscono all'ambiente inviando segnali all'esterno".
Il laboratorio del ricercatore del Nest Cnr-Infm sta sperimentando alcune applicazioni di queste proteine-sensori in campo diagnostico, effettuando test su cellule umane e costruendo segnalatori per diversi bersagli. "Al Dna di queste proteine-sensori infatti - continua Beltram - è possibile aggiungere anche un altro pezzo di Dna con la funzione di vettore educato alla ricerca di una determinata proteina bersaglio. Quindi, oltre ad insegnare alla cellula a formare da sé la proteina-sensore, si fornisce a questa un ‘motorino' che le permette di entrare nelle cellule e vagare alla ricerca del bersaglio per cui è stata educata. Una volta trovato il bersaglio, la proteina-sensore si lega ad esso e questo legame provoca il cambiamento di conformazione e di colore".
Il potenziale in campo biomedico aperto da queste ricerche riguarda, oltre alla diagnostica, anche il campo terapeutico. Sono infatti in sperimentazione proteine-sensori che nascondono in sé un potenziale farmacologico, chiamate "pro-farmaci", cioè non farmacologicamente attive ma che possono attivarsi in caso di segnali particolari (come la presenza di una proteina mutata). Questa nuova scienza, chiamata "nanomedicina", sta muovendo ancora i suoi primi passi, ma lo scenario che apre è quello di portare queste proteine dentro un organismo apparentemente sano per rilevare la presenza di cellule mutate, altrimenti invisibili, come quelle tumorali in stadio precoce, e poterle quindi distruggere.

Fonte: Le Scienze

News controllata da: Franco IANNELLO


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