sabato 12 dicembre 2009
Giganti del mare: sulla spiaggia di Vieste il cimitero di Moby Dick
Tanto è emozionante avvistarli in mare quanto angosciante vedere le loro carcasse agonizzare sull’arenile: nel tardo pomeriggio di ieri nove capodogli si sono «spiaggiati» alla Foce di Capo Iale (nella Laguna di Varano in provincia di Vieste, sull’adriatico pugliese): sette animali sono morti (tre sono rimasti a lungo coricati su un fianco in acque basse, a una ventina di metri dalla riva), mentre due di loro sembrano aver ripreso il largo. E’ la prima volta che succede in Adriatico, dice la capitaneria di Porto di Vieste, con animali di queste dimensioni. Ed è la prima volta, spiegano gli esperti di «Marevivo», che a memoria d’uomo una cosa del genere avviene in Europa.
E’ comunque l’ennesimo segnale inquietante che arriva dal regno animale, proprio nei giorni in cui si discute di cambiamenti climatici e si stenta a prendere contromisure per evitare i disastri del riscaldamento globale. Il capodoglio (Physeter macrocephalus, non è da confondere con le balene, anche se appartengono entrambi all’ordine dei cetacei: ha i denti e non i fanoni, e appartiene quindi alla famiglia degli Odontoceti, come i delfini) è un animale protetto, la cui esistenza è costantemente minacciata. Gli esemplari pugliesi misurano dai sette ai dieci metri di lunghezza e pesano circa 15 tonnellate ciascuno.
Da una prima analisi gli animali spiaggiati non sembrano avere malattie. Perché da ieri pomeriggio alle 18 la costa del Gargano (non lontano dal lago di Lesina) sia diventata un cimitero di cetacei resta dunque un mistero. Qualcuno dice che è colpa dell’onda d’urto legata agli scavi di un pozzo sottomarino, altri dicono che i capodogli avrebbero perso l’orientamento finendo sulle spiagge del promontorio pugliese a causa delle forti mareggiate nell’Adriatico in questi giorni. Sono ipotesi. Qualcosa deve aver disturbato il sensibilissimo «sonar» che traccia le rotte di questi splendidi, giganteschi animali (un maschio può misurare anche venti metri e raggiungere le 60 tonnellate, anche se nel Mediterraneo di solito non supera i diciotto), splendidi nuotatori: si possono immergere più a fondo di qualsiasi altro mammifero marino, fino a oltre tremila metri e per oltre tre ore, alla ricerca del loro cibo preferito, i calamari giganti che vivono in fondo all’oceano.
A Capo Iale sono arrivati gli uomini della Capitaneria di porto, quelli della Protezione Civile e i veterinari dell'Asl: tutti hanno provato, senza riuscirci, a salvare i capodogli «arenati», ancora in vita ma evidentemente in agonia. Far loro riprendere il largo si è rivelato impossibile. Sono intervenuti anche Sandro Mazzariol, dell'Università di Padova - che lavora all’interno del Progetto della Banca Tessuti dei Mammiferi Marini - e Alessandro Bortolotto, responsabile nazionale del Centro Studi Cetacei. Gru e mezzi meccanici hanno lavorato a lungo per sollevare gli animali sulla spiaggia, forse qualche esemplare verrà trasportato all’università di Padova per essere studiato.
Il Ministero dell’Ambiente, appresa la notizia, aveva allertato l’Ispra (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e la Guardia costiera, che ha mandato lungo il litorale una motovedetta: l’imbarcazione sta pattugliando la zona per verificare se ci sono altri capodogli nelle agitate acque pugliesi. L’orizzonte, per questi cetacei, è ancora più tempestoso: Moby Dick era uno di loro, e Melville ne fece il simbolo del male; ma dopo arpioni esplosivi, eliche delle navi, inquinamento acustico di navi e sottomarini, devono affrontare un nemico ancora più insidioso.
Fonte: LA STAMPA
News controllata da: Ernesta LA FACE
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