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martedì 15 novembre 2011

Il gamberetto che fila la seta come i ragni


Naturwissenschaften, pubblica la ricerca "A novel marine silk" nella quale Katrin Kronenberger, Cedric Dicko e Fritz Vollrath, dell'università di Oxford, rivelano un altro sorprendente aspetto della vita marina: «La scoperta di un istema di produzione della seta in un anfipode marino forniscele indicazioni di un potenziale più ampio della seta naturale. Il tubo di costruzione dell'anfipode Crassicorophium corophiidea bonellii produce dalle sue gambe fibrose, fili adesivi subacquei che combina barnacle cement biologico con aspetti della filatura da estrusione del filo di seta di ragno. Abbiamo caratterizzato la seta filamentose come una miscela di mucopolisaccaridi e proteine derivanti da ghiandole che rappresentano due tipi distinti».

Il "gamberetto" emette la secrezione filamentosa da una ghiandola attraverso un poro vicino alla punta della gamba secretoria, proveniente da un condotto che termina in una camera a forma di fuso. «Questa camera - spiegano i ricercatori - comunica con l'esterno e può essere considerata il serbatoio per la lavorazione della seta/spazio di miscelazione, in cui la seta viene potenzialmente modificata meccanicamente e chimicamente e diventa fibrosa». Secondo lo studio, ulteriori ricerche probabilmente dimostreranno che quiata caratteristica si è evoluta in modo indipendente e che gli artropodi marini hanno un sistema di lavorazione e secrezioone della seta «In grado di fornire non solo spunti importanti non solo per le sete degli aracnidi e di insetti più complesse, ma anche per i "cementi" adesivi dei crostacei».
Vollrath ha spiegato a Bbc Nature che il gamberetto utilizza le fibre per legare insieme frammenti e granelli per costruirsi la "casa": «usa granelli di sabbia, pezzi di vegetazione, alghe ed anche le sue stesse feci».
Anche se si sapeva che il Crassicorophium corophiidea produceva dalle gambe una sostanza appiccicosa, nessuno pensava che si trattasse di seta prodotta in maniera simile a quella dei ragni. Oltre alla sua resistenza al sale e all'acqua, il team di ricercatori sa ancora molto poco sulle proprietà di questo "nuovo" materiale. «Sospettiamo che abbia simili, forti ed elastiche - ha detto Vollrath - Ma il filo si è evoluto per essere filato sott'acqua e per rimanere sott'acqua per tutta la vita, per cui ci saranno alcuni "trucchi" per essere in grado di produrlo in ambiente marino».
Gli scienziati sperano che svelando i segreti biologici di questa seta filata da un anfipode si possano ralizzare prodotti utili come colle marine e "cementi" biologici " resistenti e con minore attrito per rivestire gli scafi delle imbarcazioni.

Vollrath sottolinea che i costi extra da "rallentamento" per i traffici marittimi in tutto il mondo equivalgono a circa 400 milioni di dollari e in gran parte si potrebbero risparmiare se le chiglie delle navi rimanessero pulite: «Non è che vogliamo copiare le cose dalla natura, è che vogliamo essere più ispirati dalla natura per vedere come svolge il suo lavoro».

Fonte: Greenreport.it

News controllata da: Ernesta LA FACE


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