ITACA
di Roberto MUSSAPI
Il mare. E voci di bocche sbiancate a calce, occhio cavo il fondale, gorgo immobile. Svennero ad uno ad uno, svanirono nel fondo pallide secche tranciate dalla poppa e gli occhi di perle, e le labbra coralli e sale macinato al fondo le loro ossa.
Lui le piangeva, smemorando i volti e mi pregò, mi nominò per loro, e io, bianca spuma, per lui ruppi lo specchio: sillabò i loro nomi uno per uno, e al capo dell'elenco trovò il suo, per lo spirito divino che gli avevo infuso, che è animo, e memoria pietosa, e il cuore pompò brezza nuova alle tempie, e due sorgenti sciolsero il sale degli occhi.
A nulla valsero Circe, Calipso, altre maghe, effimere come sogni o secche sottoprua.
Il mare, lei controluce, al tramonto, e poi, nel sonno, lui seduto accanto, " Tu non dissolverti, non morire, non fare tutto finto di nuovo e per sempre". Il buio, le lacrime e il singhiozzo trattenuto, fiume che nutre il mare per non svegliarla.
|
|