| Nel mare come nei laghi e nei fiumi non sono solo i pesci a nuotare, altri 
  animali hanno, nel corso dell’evoluzione, imparato a “librarsi” 
  nell’acqua, soprattutto gli animali nectonici hanno evoluto strutture 
  fisiologiche e morfologiche simili tra loro per poter nuotare al meglio! Con 
  il termine necton, che in greco significa natante, vengono indicati gli animali 
  pelagici forti nuotatori, capaci cioè di vincere le correnti e il moto 
  ondoso. Il processo mediante il quale gruppi totalmente diversi in uno stesso 
  ambiente sviluppano strutture simili per risolvere problemi simili è detto 
  convergenza evolutiva, ad esempio gli osteitti (pesci ossei), i condroitti (pesci 
  cartilaginei), i pinnipedi, i sirenidi (lamantini e dugonghi), i rettili e addirittura 
  alcuni uccelli hanno evoluto strutture simili per poter nuotare più agilmente.Naturalmente non tutti questi animali hanno raggiunto lo stesso grado di evoluzione, 
  infatti alcuni di questi animali discendono da animali terrestri ed altri addirittura 
  sono ancora legati alla vita terrestre per alcuni aspetti della loro vita come 
  ad esempio per la riproduzione. Cominceremo quindi a studiare i meno evoluti 
  per poi giungere alle massime espressioni del nuoto nel regno animale.
 @ I rettili
 
 I rettili sono rappresentati in mare da alcune specie di tartarughe e di serpenti, 
  ma mentre quest’ ultimi avevano gia un corpo adatto al nuoto le tartarughe 
  hanno dovuto adattarsi nel corso dei millenni alla vita in mare. Le tartarughe 
  marine nuotano, nonostante la loro tozza e robusta corporatura, con grande abilità 
  grazie alle modifiche degli arti in pinne appiattite che usano come ali, tuttavia 
  questi animali non hanno sviluppato una grande abilità natatoria poiché 
  sono rimasti legati alla terra per la deposizione delle uova; infatti le femmine 
  risalgono su determinate spiagge per deporre le uova in buche nella sabbia.
 E’ da ricordare, inoltre, che in passato esistevano alcune specie di rettili, 
  ormai estinte, come gli ittiosauri che avevano strutture molto simili a quelle 
  dei moderni odontoceti.
 @ Gli uccelli
 Numerosi sono i gruppi d’uccelli che si sono adattati alla vita vicino 
  al mare e molti di loro sono capaci di immergersi a grandi profondità per 
  trovare nutrimento, ma gli uccelli che più si sono adattati all’ambiente 
  marino subendo notevoli cambiamenti sono i pinguini. I pinguini sono un altro 
  esempio lampante di convergenza evolutiva infatti il loro corpo ha assunto una 
  forma altamente idrodinamica con un becco lungo quanto la testa e diritto, le 
  ali sono larghe, appiattite conformate a pinne e la coda corta viene sfruttata 
  come un timone.Tali adattamenti permettono al pinguino un nuoto molto veloce 
  e la possibilità di saltare al di fuori dell’acqua.
 
 @ Pinnipedi e sirenidiTra i mammiferi sono sicuramente i più adattati alla vita in 
  mare, infatti essi sono perfettamente adatti alla vita pelagica e completamente 
  indipendenti dalla terra.
 Questi mammiferi si sono perfettamente adattati alla vita in acqua e, come nel 
  caso dei dugonghi, raggiungono anche buone velocità, il loro corpo ha una 
  buona idrodinamicità grazie ad una forma più o meno fusiforme e gli 
  arti si sono trasformati in organi natatori simili a pinne. Le foche sono un 
  ottimo esempio di pinnipedi, esse hanno gli arti inferiori tesi e immobili e 
  assenza di padiglioni auricolari che le rende apparentemente più adatte 
  alla vita acquatica rispetto alle otarie che invece li posseggono. Un altro 
  ordine di mammiferi i cui componenti sono adattati a vivere quasi costantemente 
  in mare è quello dei sirenidi a cui appartengono dugonghi e lamantini, 
  ritenuti affini agli ungulati. Questi mammiferi hanno un corpo fusiforme rivestito 
  da radi peli con arti inferiori trasformati in pinne, arti posteriori mancanti 
  e pinna caudale molto sviluppata. Molto importante è appunto l’assenza 
  d’arti inferiori e la comparsa della pinna caudale che porta i sirenidi 
  ad un gradino evolutivo, per quanto riguarda il nuoto, leggermente più 
  alto rispetto ai pinnipedi e facendogli abbandonare definitivamente il nuoto 
  “volato” sfruttato dalla maggior parte dagli animali che abbiamo 
  già analizzato.
 
 @ Cetacei
 
 
 
 Le modifiche che il corpo di questi animali (una volta terrestri) ha subito 
  sono molto profonde; il corpo siluride può essere più o meno allungato, 
  la testa massiccia e conica termina anteriormente con un muso con estremità 
  ottusa (Orca) o a becco (delfino), il collo non è estremamente distinto, 
  l’assenza di padiglioni auricolari, di peli e di qualsiasi asperità 
  (anche le mammelle e il pene sono nascosti in tasche) li rendono molto più 
  idrodinamici di tutti gli animali visti fin qui. La propulsione avviene mediante 
  gli arti anteriori trasformati in pinne, che appaiono ben distinti dal corpo 
  e posseggono una pelle che ricopre la pinna formando un tutto continuo senza 
  distinzione esteriore delle dita e, soprattutto, mediante la pinna caudale disposta 
  a piano orizzontale nella quale termina la colonna vertebrale. La pinna è 
  azionata da potenti muscoli dorsali e addominali che assicurano un’ottima 
  spinta.
 
 @ Pesci
 
 I pesci sono, fra gli animali costituenti il necton, sicuramente i più 
  adattati alla vita acquatica e al nuoto, infatti non essendo legati alla respirazione 
  mediante polmoni superano i cetacei in acquaticità. Fra i più primitivi 
  esistenti ci sono i condroitti o selaci (squali) che posseggono uno scheletro 
  cartilagineo. Il corpo degli squali è estremamente idrodinamico e da recenti 
  studi si è scoperto che i “dentelli” presenti sulla loro pelle 
  creerebbero delle microturbolenze in grado di aiutare la penetrazione nell’acqua.
 
 Le pinne sono ben sviluppate e la pinna caudale si presenta eterocerca,ossia 
con lobo superiore più sviluppato rispetto all’inferiore, tale pinna 
permette allo squalo anche se non ha vescica natatoria di trattenersi a galla 
grazie a una componente di spinta verticale che però va a scapito della velocità, 
infatti gli squali più veloci risultano essere la verdesca e il mako con 
“solo” 69 km/h mentre gli altri superano di rado gli 11 km/h. Gli 
osteitti, pesci con scheletro osseo, pelagici grazie alla presenza della vescica 
natatoria hanno potuto sviluppare code omeocerche (con lobi uguali) e falciformi 
che sviluppano una forza propulsiva totalmente diretta verso l’asse d’avanzamento 
e quindi con il massimo rendimento. Inoltre la loro pelle con microscaglie o addirittura 
liscia è spesso ricoperta da ghiandole che secernono muchi atti ad aumentare 
lo scivolamento nell’acqua; tutto questo abbinato alle loro forme estremamente 
idrodinamiche fa degli osteiti pelagici gli animali marini più veloci del 
pianeta infatti l’istioforo o pesce vela riesce a toccare l’incredibile 
velocità di 110 km/h!
 
 @ Conclusioni
 
 Tutti gli animali marini come abbiamo visto hanno sviluppato adattamenti simili 
(pinne, idrodinamicità, ecc.) che gli permettono di nuotare e di vincere 
le correnti marine più forti. Tutti i casi trattati, quindi, ci portano alla 
conclusione che una forma idrodinamica e la presenza di pinne sono gli adattamenti 
vincenti per una vita di tipo nectonico pelagico. Anche l’uomo da tempo 
ha capito che tali adattamenti sono utili per solcare le acque al punto da costruire 
strutture che imitano quelle degli animali per spostarsi in mare, esempio ne sono 
le note pinne da sub o quelle tute che abbiamo visto indossare ai nuotatori alle 
ultime olimpiadi, queste ultime sono progettate in base al modello della pelle 
degli squali e riducono notevolmente l’attrito con l’acqua, infatti, 
sembrerebbe che i minuscoli solchi presenti sui dentelli della pelle degli squali 
riducano l’attrito del 10%, tale tecnica potrebbe essere usata anche nella 
costruzione di sommergibili o più in generale nell’industria aereo 
spaziale.
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