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  Gli Articoli di MondoMarino.net
L'alga assassina
di Silvia CASTELLI

@ Storia


  
Caulerpa (Caulerpa taxifolia)
Foto di Giancarlo LA FACE
Caulerpa Taxifolia è un'alga colonizzatrice ed invasiva, arrivata sino ai nostri mari dopo aver infestato quelli dei 4 continenti. La storia dell'arrivo nei nostri mari della Caulerpa taxifolia comincia dieci anni fa e sta marciando sul piano biologico a ritmi impressionanti.
Nel 1984 la Caulerpa viene avvistata per la prima volta sul fondo antistante il Museo Oceanografico di Monaco, dove copriva una superficie di appena un metro quadrato. Tra i possibili responsabili della sua immissione vengono indicati i tecnici del Museo, i quali la utilizzano nelle loro vasche tropicali e che, più tardi "inquisiti", respingono ogni addebito avanzando l'ipotesi che l'alga sia stata trasportata tramite le pompe di sentina delle navi provenienti o dall'Atlantico tropicale o dal Mar Rosso.

Nel 1990 la Caulerpa viene segnalata dai sommozzatori sportivi francesi con frequenza crescente (in tre siti del medesimo litorale dell'ampiezza di tre ettari). Solamente un anno dopo l'espansione era misurata in 30 ettari.

Nel 1992 l'alga si è diffusa dal confine franco-spagnolo all'Italia, ormai anch'essa "colpita" dalla presenza di alcuni focolai nelle acque di Imperia, Savona e Livorno; focolai, in quest'ultimo caso, prontamente estirpati dai biologi marini di Pisa e di Livorno.

Nel 1993 compare per la prima volta nell'Arcipelago toscano, all'Isola d'Elba nella Baia di Galenzana vicino Marina di Campo, e nello Stretto di Messina a Ganzirri.

Nell' aprile 1995, in un documento PNUE sulla "Presenza di Caulerpa taxifolia nel Mediterraneo" sottoposto nella riunione del Comitato scientifico e tecnico e del Comitato socio-economico del PAM, la superficie è valutata in 1500 ettari, sulla base dei dati del 1994. Nel 1996, l'estensione raggiunge i 3.000 ettari (30 km2), di cui il 99% localizzati in territorio francese.

@ Biologia ed Ecologia

Phylum: Phycophyta (alghe)
Classe: Chlorophyceae (alghe verdi). Alghe uni-pluricellulari, in genere di colore verde brillante. Sono caratterizzate da cloroplasti di colore verde, che spesso contengono pirenoidi. Hanno il sistema di pigmentazione simile alle piante superiori.
Ordine: Caulerpales. Cloroficee di svariate forme, non possiedono pareti trasversali inspessite. Unicellulari, plurinucleate, provviste di piccoli cloroplasti discoidali.
Famiglia: Caulerpaceae. Tallo composto da un ramo principale, ingrossato all'apice che fa penetrare il rizoide incolore nel terreno.


  
Caulerpa (Caulerpa taxifolia)
Foto di Giancarlo LA FACE
Caratteristiche Fisiche
Tra le Chlorophyta, o alghe verdi, la Caulerpa è fra le più evolute, come attestato dall'estrema complessità di alcune sue strutture.
Nel Mediterraneo si trovano tre specie di Caulerpa:
  • Caulerpa prolifera
  • Caulerpa racemosa
  • Caulerpa taxifolia
Mentre la prima di queste è considerata da tempo una naturale componente della flora sottomarina dei nostri mari, le altre due (C. racemosa e C. taxifolia) sono di origine tropicale e in espansione.
Riconoscerle è abbastanza semplice: la Caulerpa prolifera è dotata di fronde nastriformi, lunghe fino a 15 cm, di colore verde scuro. La Caulerpa racemosa ha fronde a grappolo d'uva di un bel colore verde brillante molto intenso. La Caulerpa taxifolia ha fronde lunghe da 5 a 65 cm, color smeraldo, molto simili alle foglie dell'albero del tasso (da cui il nome scientifico).

La fronda è formata da pinnule e talvolta si ramificano fronde secondarie. I rizoidi le permettono di assimilare sostanze dal substrato (come le piante terrestri); oltre a ciò sono capaci di condurre vita eterotrofa (nutrendosi di materiale organico in decomposizione) in condizione di scarsa luminosità.

La rapida diffusione della Caulerpa taxifolia è dovuta all'efficace riproduzione sia vegetativa (tramite stolone e frammenti distaccati) che sessuale (tramite zoospore trasportate dalle correnti). E' quindi inutile strapparla nel tentativo di eliminarla, mentre invece è facile favorirne l'espansione trasportandola inavvertitamente con reti ed ancore.

Anche una piccola fronda della pianta, trasportata da un fondale all'altro, è in grado di attecchire e creare una nuova colonia. Un frammento può sopravvivere più di una settimana fuori dall'acqua, in ambiente umido e temperato. Se ributtata in mare può riprendere il suo sviluppo.
Caulerpa taxifolia che colonizza il Mediterraneo ha alcune inusuali caratteristiche morfologiche e fisiologiche rispetto a Caulerpa taxifolia che si ritrova nei mari tropicali.
Le loro curve di crescita, comparate con le temperature dell'acqua, mostrano un adattamento ad ampi intervalli di temperatura e una resistenza alle fredde temperature invernali. Altissima è la velocità di crescita (fino a 2-3 cm al giorno, espandendosi circa il 20% all'anno nelle acque italiane).
E' vigorosa e dominante: non c'è relazione tra lo sviluppo di Caulerpa taxifolia e la qualità dell'acqua; essa si sviluppa egualmente bene sia in acque limpide che inquinate, sia in baie riparate che in zone battute dalle onde.
Può colonizzare tutti i tipi di fondale, da 1 a 40 m. di profondità (roccia, sabbia, fango, praterie di fanerogame). La Caulerpa sembra avere il dono dell'ubiquità; cresce dappertutto, provocando danni alla Posidonia e cambiamenti nella fauna, soprattutto sessile o poco mobile (gorgonie, spugne, ricci ecc.).
Caulerpa taxifolia invade le biocenosi preesistenti modificandone la biodiversità e l'ecodiversità.

Sulla base di quanto sopra gli studiosi convengono che il rischio maggiore collegato a Caulerpa taxifolia è lo sconvolgimento dell'equilibrio biologico. Le segnalazioni di Caulerpa fino ad oggi sono state fatte, nella maggior parte dei casi, da persone che, coltivando un interesse per il mare hanno saputo riconoscere l'alga incontrandola nel corso del proprio lavoro (subacquei professionisti) o durante il loro tempo libero.
Le segnalazioni quindi sono frammentarie e puntiformi e gli studiosi hanno convenuto che, a tutt'oggi, non esiste una mappatura sulla presenza della Caulerpa lungo tutto il litorale italiano.
Da indagini in corso presso il laboratorio di algologia del Dipartimento di Botanica dell'Università' di Catania, si può comunque affermare che nei popolamenti di Caulerpa taxifolia e' presente un numero crescente di organismi vegetali e animali, sia epibionti (che, cioè, vivono sulle fronde), sia coinquilini dei medesimi areali. In ogni stazione oggetto di studio si sono trovate, infatti, mediamente 30 specie algali epifite.
Forse non e' più il caso di gridare alla catastrofe, poiché è possibile che si stia osservando l'instaurarsi di un nuovo equilibrio ecologico, seppur innescato dall'uomo.
In futuro il numero delle specie di Caulerpa presenti nel Mediterraneo potrebbe anche aumentare e ciò per due ragioni:

  1. l'apertura del Canale di Suez che, a partire dal 1869, ha già consentito l'ingresso nel Mediterraneo di centinaia di specie animali e vegetali tipiche del Mar Rosso;
  2. la costruzione della diga di Assuan che, riducendo a 1/3 l'afflusso in mare delle acque dolci del Nilo, ha eliminato quella barriera naturale che relegava al settore orientale del Mediterraneo le specie di origine tropicale.


  
Caulerpa (Caulerpa taxifolia)
Foto di Lorenzo MESSINA
La competizione con la Posidonia
Ad essere maggiormente danneggiata dalla diffusione della taxifolia potrebbe essere la Posidonia Oceanica. Radici, fusto, foglie e fiori fanno, infatti, della Posidonia una pianta vera e propria, in tutto equivalente a quelle terrestri, ma adattatasi alla vita subacquea.
Impiantata sui fondali sabbiosi, lì dove l'acqua è particolarmente limpida e pulita, forma vere e proprie praterie in grado di innescare nell'ambiente una serie di reazioni biologiche positive, tra le quali la formazione di barriere, al pari di quelle coralline, contro il moto ondoso, prezioso riparo per altri vegetali e per tantissime specie animali.
Inoltre i posidonieti formano, nel Mediterraneo, il culmine e lo stadio di massima maturazione del più recente ciclo evolutivo dei fondali sabbiosi a bassa e a media profondità.
La Caulerpa taxifolia dunque, con la sua rapida espansione, potrebbe progressivamente sostituirsi alla Posidonia, di cui appare biologicamente favorita e più resistente.
E' inoltre dotata di una maggiore resistenza ai colpi delle onde ed alla spinta delle correnti, grazie alle piccole radici di cui sono dotate le fronde e grazie alla loro conformazione sfrangiata, che offre poca resistenza all'idrodinamismo.
E' noto, infatti, che ai bordi delle praterie e in condizioni di indebolimento delle piante di Posidonia, la Caulerpa (in prevalenza la specie C. racemosa) invada le "mattes" sofferenti, in situazioni in cui la fanerogama è in svantaggio di competizione.
Caulerpa taxifolia riesce a raggiungere dimensioni eccezionali, andando ad ombreggiare e quindi a danneggiare la sua antagonista.

@ Tossicità

Poche sono le specie di macroalghe che producono sostanze tossiche. La pantropicale Caulerpa taxifolia è una di queste. Tra i vari composti tossici della C. taxifolia, la caulerpenina (chimicamente appartenente alla famiglia dei "terpenoidi") è quella che viene prodotta in maggior quantità e nelle popolazioni attualmente invasive del Mediterraneo la percentuale di tossine per peso secco è solitamente più alta che nei mari tropicali.
Per quanto attiene alla presunta tossicità dell'alga per l'uomo, questa tesi si è rivelata poco fondata, poiché i terpenoidi sono contenuti, talvolta in concentrazioni maggiori, anche in altre alghe da sempre presenti in Mediterraneo, senza con ciò aver mai procurato avvelenamenti nelle popolazioni rivierasche che si cibano di pesci e molluschi normalmente al "pascolo" su tali alghe.

@ Cosa Fare


  
Giglio di mare (Antedon mediterranea)
Foto di Gianni NETO
Caulerpa e il diritto
Il preoccupante fenomeno è stato definito "planetario" da Alexandre Meinesz, studioso francese, considerato uno degli esperti più autorevoli a livello internazionale.
In considerazione del Protocollo della Convenzione di Barcellona del 1995 sulle aree di protezione speciale e la biodiversità in Mediterraneo, che stabilisce che le parti devono prendere "...tutte le misure necessarie per regolamentare l'introduzione intenzionale o accidentale di specie non indigene ....e proibire quelle che possono determinare un impatto dannoso sugli ecosistemi, gli habitat o le specie" e si sforzano "di mettere in atto tutte le misure possibili per eradicare le specie che sono già state introdotte quando, dopo una valutazione scientifica, risulti evidente che tali specie causino o abbiano la probabilità di causare danni agli ecosistemi, habitat o specie nelle zone di applicazione del Protocollo", i partecipanti del workshop sulle specie invasive di Caulerpa nel Mediterraneo, tenutosi in Grecia nel marzo 1988, raccomandano:

A tutti i paesi del Mediterraneo:

  1. in ogni nazione devono essere adottate le necessarie misure per l'applicazione dei sopra citati Protocollo e Convenzione;
  2. favorire coordinamenti e cooperazioni nazionali e internazionali tra tutte le nazioni allo scopo di prevenire e rallentare la diffusione di Caulerpa taxifolia e Caulerpa racemosa nel Mediterraneo;
  3. sostenere programmi internazionali per lo scambio di informazioni, per la formazione e la ricerca scientifica;
  4. proibire la commercializzazione e l'uso di Caulerpa taxifolia e Caulerpa racemosa e evitare la commercializzazione e l'uso del genere Caulerpa per gli acquari (con l'eccezione della specie Caulerpa prolifera);
  5. favorire la diffusione di informazioni allo scopo di incoraggiare gli utilizzatori del mare a prevenire l'espansione e indicare la presenza di Caulerpa taxifolia e Caulerpa racemosa;
  6. istruzioni ufficiali devono invitare gli utilizzatori del mare a indicare la presenza di Caulerpa taxifolia e Caulerpa racemosa agli organi designati.
Alle nazioni nelle quali una od entrambe le specie sono presenti:
  1. mettere istruzioni ufficiali per invitare tutti gli utilizzatori del mare a evitare pratiche che contribuiscano alla diffusione di queste specie, ed in particolare invitare alla pulizia delle ancore, degli strumenti di pesca e delle attrezzature subacquee in situ. Il rilascio di frammenti di queste alghe deve essere evitato. Aree con elevata colonizzazione devono essere indicate negli uffici delle autorità marittime e nelle istruzioni per la navigazione;
  2. fare elenchi delle specie e condurre campagne di rilevamento cartografico delle aree colonizzate;
  3. seguire nel tempo i cambiamenti nelle biocenosi delle aree invase;
  4. sostenere la ricerca scientifica in tutti gli aspetti legati a queste specie, per la comprensione del fenomeno, della sua evoluzione, le sue conseguenze e il controllo della sua dinamica;
  5. controllare, dove possibile, l'espansione delle due specie, in particolar modo per mezzo dell'eradicazione di piccole colonie nelle aree di alto valore naturalistico ed in zone che risultano distanti da aree fortemente colonizzate.

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