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  Se@News

lunedì 2 settembre 2013

Le balenottere azzurre si abbronzano, i capodogli si scottano.


Le grandi balene hanno recentemente dimostrato di subire danni alla pelle indotti dalla continua esposizione ai raggi Uv del sole. Le conseguenze genotossiche di tale esposizione non sono note per queste specie marine con una vita lunga, così come la loro capacità di contrastare i danni indotti dai raggi Uv».

È quanto si afferma nello studio “Whales Use Distinct Strategies to Counteract Solar Ultraviolet Radiation”, pubblicato su Scientific Reports da un team di ricercatori messicani, britannici, statunitensi e canadesi, dove si mette in evidenza che «un’attuale minaccia per l’ecosistema marino è l’alto livello di radiazione solare ultravioletta (Uv).

I ricercatori hanno però dimostrato che «l’esposizione ai raggi Uv induce danni al Dna mitocondriale nella pelle di balenotte, capodogli e balenottere azzurre stagionalmente simpatrici, e che questo danno si accumula con l’età». Ma hanno anche scoperto che i meccanismi delle contromisure molecolari sono nettamente diversi tra le specie di questi cetacei: «Per esempio, i capodogli, una specie che rimane per lunghi periodi nella superficie del mare, attivano percorsi di stress genotossico in risposta all’esposizione ai raggi Uv, mentre la pallida balenottera azzurra si basa su una maggiore pigmentazione mentre la stagione avanza. Il nostro studio dimostra anche che le balene possono modulare le loro risposte ai fluttuanti livelli di raggi Uv e che diversi vincoli evolutivi possono aver plasmato le loro strategie di risposta».

Quindi le balenottere azzurre, il più grande animale mai esistito sul nostro pianeta, reagiscono all’eccesso di raggi Uv abbronzandosi proprio come noi esseri umani, altri cetacei però si scottano oppure disattivano alcuni geni. Per questo lo studio pubblicato su Scientific Reports potrebbe portare a nuovi trattamenti anti-invecchiamento per gli esseri umani, visto che il Dna “abbronzato” trovato nelle balene e negli esseri umani è sicuramente dovuto all’invecchiamento.

Da diversi anni i biologi marini messicani avevano notato che un numero crescete di grossi cetacei avevano delle vesciche sulla pelle causate dall’esposizione al sole. Negli ultimi 3 anni i ricercatori hanno prelevato campioni di pelle da tre diverse specie di cetacei durante la loro migrazione primaverile, quando balenottere, copodogli e balenottere azzurre si spostano nelle acque più soleggiate del Golfo di California, e hanno trovato che le diverse specie reagiscono in modo diverso all’aumento della luce solare.

Uno degli autori dello studio, Mark Birch-Machin del Dermatological Sciences, Institute of Cellular Medicine della Newcastle University ha spiegato a BBC News: «Quando le balenottere azzurre vanno in vacanza nel Golfo di California ottengono un’abbronzatura nello stesso modo in cui facciamo noi. L’abbronzatura protegge le balenottere azzurre dal Dna bruciato dal sole».

Secondo Birch-Machin, anche lui della Newcastle University, «l’esposizione alla luce ultravioletta può danneggiare non solo la pelle, ma può danneggiare il Dna nei mitocondri, le batterie di cellule. La capacità delle balenottere azzurre di diventare marrone chiaro in risposta a esposizione ai raggi Uv può essere collegato ai loro modelli migratori storici dato che si spostano ogni anno dalle latitudini più alte alle latitudini più basse, con una maggiore quantità di luce solare. I capodogli hanno un approccio diverso al sole, possono trascorrere fino a 6 ore alla volta sulla superficie del mare e hanno un’esposizione molto maggiore alla luce UV. Sono simili alle persone che hanno l’approccio “aragosta”, così cambiare i pigmenti non le aiuta molto, dato che l’UV rappresenta un sovraccarico del sistema».

Invece di cambiare la loro pigmentazione, il sole nei capodogli innesca una risposta allo stress nei geni che è simile al nostro meccanismo di protezione contro i danni del sole.

Un’altra delle autrici britanniche dello studio, Amy Bowman, ha detto a Bbc News: «Abbiamo visto per la prima volta la prova di percorsi genotossici che sono attivati nelle cellule delle balene. Questo è simile alla risposta danni causati dai radicali liberi nella pelle umana, che è il nostro meccanismo di protezione contro i danni del sole».

La terza specie, le balenottere, hanno una buona pigmentazione ed è risultata più resistente ai danni del sole, con la più bassa percentuale di lesioni da scottature. Birch-Machin è molto fiducioso sulle possibili ricadute mediche di questo studio sui giganti del mare: «Il Dna abbronzato che troviamo nelle balene è lo stesso Dna bruciato dal sole che troviamo negli esseri umani e che è sicuramente dovuto all’invecchiamento. Lo studio mostra l’interazione di sistemi che possiamo quindi esaminare ulteriormente nella ricerca umana e che potrebbe avere conseguenze per gli approcci al cancro della pelle ed all’anti-invecchiamento. La ricerca interesserà le aziende farmaceutiche. Sono sempre alla ricerca di quello che possono vedere nei sistemi non umani e di quello che possono prendere in prestito da questi in termini di anti-invecchiamento e questa ricerca sarà certamente di aiuto».

Gli scienziati però avvertono che è necessario altro lavoro di ricerca per capire se le bruciature solari sulla pelle delle balene si trasformano in cancro della pelle e vogliono anche capire se questi cetacei hanno sviluppato un sistema di preallarme.

Fonte: Greenreport

News controllata da: Franco IANNELLO


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