Ciao Michele,
queste le ultime notizie riguardo la tua giustissima curiosità:
l’IUCN, l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura ha pubblicato la Lista Rossa delle specie a rischio di estinzione: squali e razze sono fra gli animali più minacciati d'Europa. Il 20% rischia l'estinzione e per gran parte delle altre specie la situazione è critica.
In questo quadro è ancora più importante il lavoro delle due ricercatrici italiane del progetto MedSharks, Eleonora de Sabata e Simona Clò, che proprio in questi giorni sono in Turchia per studiare un gruppo di squali grigi.
A conferma della situazione disperata per questi grandi predatori, infatti, questo studio – realizzato in collaborazione con la Fondazione Project Aware e CTS Ambiente - è l'unico condotto nel Mediterraneo sugli squali nel loro ambiente naturale: nel nostro mare il resto degli studi si compie ormai solo su pochi esemplari pescati.
La situazione è critica anche per il carcharhinus plumbeus, la specie studiata in Turchia, diminuita dell'85% in dieci anni nell'Atlantico Occidentale. Per quanto riguarda il “mare nostrum”, pescatori e biologi concordano: il numero degli squali è diminuito drasticamente, tanto che la specie è stata proposta per l'inclusione nella Lista Rossa come “vulnerabile” nel Mediterraneo.
“Un tempo anche lungo le nostre coste – ha spiegato Eleonora de Sabata - decine di squali si radunavano sotto costa in cerca di acque tranquille per far nascere i piccoli. Ora quelle baie sono deserte, gli squali spariti. Il problema è che sono animali che si riproducono molto in là con gli anni e fanno pochissimi piccoli: ne abbiamo pescati troppi e troppo in fretta senza dar tempo a quelli rimasti di ripopolare il mare”. Per questo – aggiungono le due ricercatrici - “da sei anni studiamo un gruppo di squali grigi, per lo più mamme prossime al parto, che per soli 2 mesi l'anno si raduna un una piccola baia lungo la costa Turca. In effetti di questi squali si sa pochissimo. Sono animali che hanno un'aspettativa di vita di una cinquantina d'anni; cominciano a riprodursi appunto intorno ai 13-14 anni e fanno pochissimi figli.”
Due gli obiettivi principali del progetto MedSharks 2006: stimare il numero di squali che frequenta la baia, che può rappresentare un modello estendibile anche a tutto il Mediterraneo, e capire dove vadano questi squali migratori una volta abbandonata la baia.
Le due ricercatrici – che concluderanno oggi il loro “soggiorno” in Turchia - hanno già scattato centinaia di foto e realizzato alcuni filmati con l'obiettivo di identificare gli animali uno a uno e tentare poi una stima del loro numero.
Già dal primo giorno della campagna di quest’anno sono stati ottenuti dei risultati. Le ricercatrici hanno trovato ad attenderle alcuni squali “habitué” di queste acque: in sei anni di studio, infatti, si è accertato che molti di essi tornano, anno dopo anno, in questi stessi luoghi.
fonte: Ufficio Stampa CTS - Centro Turistico Studentesco Via Albalonga, 3 00183 Roma
Per quanto riguarda quelle alghe da te citate, sappi che esse sono all'origine di quella formazione particolare detta "coralligeno".
Per il coralligeno si è sviluppata un'attenzione ed una serie di studi e di applicazioni che neanche immagini, proprio perchè è minacciato anch'esso.
Ma, naturalmente, fanno notizia altre cose, più fruibili dal pubblico (es.tartarughe marine). Con la cattiva cultura nei confronti degli elasmobranchi, c'è il rischio che se si divulga che sono le specie più a rischio, ci scappi un inopportuno "urrà" da chi è a digiuno della grande complessità di equilibri cui è soggetta la natura tutta.
Comunque, complimenti per l'acuta osservazione che ha dato modo di aprire un bel dibattito!!
A presto
Aida