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  Gli Articoli di MondoMarino.net
Progettati per il nuoto
di Fabio RUSSO

Nel mare come nei laghi e nei fiumi non sono solo i pesci a nuotare, altri animali hanno, nel corso dell’evoluzione, imparato a “librarsi” nell’acqua, soprattutto gli animali nectonici hanno evoluto strutture fisiologiche e morfologiche simili tra loro per poter nuotare al meglio! Con il termine necton, che in greco significa natante, vengono indicati gli animali pelagici forti nuotatori, capaci cioè di vincere le correnti e il moto ondoso. Il processo mediante il quale gruppi totalmente diversi in uno stesso ambiente sviluppano strutture simili per risolvere problemi simili è detto convergenza evolutiva, ad esempio gli osteitti (pesci ossei), i condroitti (pesci cartilaginei), i pinnipedi, i sirenidi (lamantini e dugonghi), i rettili e addirittura alcuni uccelli hanno evoluto strutture simili per poter nuotare più agilmente.
Naturalmente non tutti questi animali hanno raggiunto lo stesso grado di evoluzione, infatti alcuni di questi animali discendono da animali terrestri ed altri addirittura sono ancora legati alla vita terrestre per alcuni aspetti della loro vita come ad esempio per la riproduzione. Cominceremo quindi a studiare i meno evoluti per poi giungere alle massime espressioni del nuoto nel regno animale.


  
Tartaruga (Eretmochelys imbricata)
Foto di Roberto CHESSA
@ I rettili

I rettili sono rappresentati in mare da alcune specie di tartarughe e di serpenti, ma mentre quest’ ultimi avevano gia un corpo adatto al nuoto le tartarughe hanno dovuto adattarsi nel corso dei millenni alla vita in mare. Le tartarughe marine nuotano, nonostante la loro tozza e robusta corporatura, con grande abilità grazie alle modifiche degli arti in pinne appiattite che usano come ali, tuttavia questi animali non hanno sviluppato una grande abilità natatoria poiché sono rimasti legati alla terra per la deposizione delle uova; infatti le femmine risalgono su determinate spiagge per deporre le uova in buche nella sabbia.
E’ da ricordare, inoltre, che in passato esistevano alcune specie di rettili, ormai estinte, come gli ittiosauri che avevano strutture molto simili a quelle dei moderni odontoceti.

@ Gli uccelli

Numerosi sono i gruppi d’uccelli che si sono adattati alla vita vicino al mare e molti di loro sono capaci di immergersi a grandi profondità per trovare nutrimento, ma gli uccelli che più si sono adattati all’ambiente marino subendo notevoli cambiamenti sono i pinguini. I pinguini sono un altro esempio lampante di convergenza evolutiva infatti il loro corpo ha assunto una forma altamente idrodinamica con un becco lungo quanto la testa e diritto, le ali sono larghe, appiattite conformate a pinne e la coda corta viene sfruttata come un timone.Tali adattamenti permettono al pinguino un nuoto molto veloce e la possibilità di saltare al di fuori dell’acqua.

@ Pinnipedi e sirenidi

Questi mammiferi si sono perfettamente adattati alla vita in acqua e, come nel caso dei dugonghi, raggiungono anche buone velocità, il loro corpo ha una buona idrodinamicità grazie ad una forma più o meno fusiforme e gli arti si sono trasformati in organi natatori simili a pinne. Le foche sono un ottimo esempio di pinnipedi, esse hanno gli arti inferiori tesi e immobili e assenza di padiglioni auricolari che le rende apparentemente più adatte alla vita acquatica rispetto alle otarie che invece li posseggono. Un altro ordine di mammiferi i cui componenti sono adattati a vivere quasi costantemente in mare è quello dei sirenidi a cui appartengono dugonghi e lamantini, ritenuti affini agli ungulati. Questi mammiferi hanno un corpo fusiforme rivestito da radi peli con arti inferiori trasformati in pinne, arti posteriori mancanti e pinna caudale molto sviluppata. Molto importante è appunto l’assenza d’arti inferiori e la comparsa della pinna caudale che porta i sirenidi ad un gradino evolutivo, per quanto riguarda il nuoto, leggermente più alto rispetto ai pinnipedi e facendogli abbandonare definitivamente il nuoto “volato” sfruttato dalla maggior parte dagli animali che abbiamo già analizzato.

@ Cetacei


  
Tursiope (Tursiops truncatus)
Foto di Roberto CHESSA
Tra i mammiferi sono sicuramente i più adattati alla vita in mare, infatti essi sono perfettamente adatti alla vita pelagica e completamente indipendenti dalla terra.
Le modifiche che il corpo di questi animali (una volta terrestri) ha subito sono molto profonde; il corpo siluride può essere più o meno allungato, la testa massiccia e conica termina anteriormente con un muso con estremità ottusa (Orca) o a becco (delfino), il collo non è estremamente distinto, l’assenza di padiglioni auricolari, di peli e di qualsiasi asperità (anche le mammelle e il pene sono nascosti in tasche) li rendono molto più idrodinamici di tutti gli animali visti fin qui. La propulsione avviene mediante gli arti anteriori trasformati in pinne, che appaiono ben distinti dal corpo e posseggono una pelle che ricopre la pinna formando un tutto continuo senza distinzione esteriore delle dita e, soprattutto, mediante la pinna caudale disposta a piano orizzontale nella quale termina la colonna vertebrale. La pinna è azionata da potenti muscoli dorsali e addominali che assicurano un’ottima spinta.

@ Pesci

I pesci sono, fra gli animali costituenti il necton, sicuramente i più adattati alla vita acquatica e al nuoto, infatti non essendo legati alla respirazione mediante polmoni superano i cetacei in acquaticità. Fra i più primitivi esistenti ci sono i condroitti o selaci (squali) che posseggono uno scheletro cartilagineo. Il corpo degli squali è estremamente idrodinamico e da recenti studi si è scoperto che i “dentelli” presenti sulla loro pelle creerebbero delle microturbolenze in grado di aiutare la penetrazione nell’acqua.


  
Squalo grigio del reef (Carcharhinus amblyrhynchos)
Foto di Giorgio COMITINI
Le pinne sono ben sviluppate e la pinna caudale si presenta eterocerca,ossia con lobo superiore più sviluppato rispetto all’inferiore, tale pinna permette allo squalo anche se non ha vescica natatoria di trattenersi a galla grazie a una componente di spinta verticale che però va a scapito della velocità, infatti gli squali più veloci risultano essere la verdesca e il mako con “solo” 69 km/h mentre gli altri superano di rado gli 11 km/h. Gli osteitti, pesci con scheletro osseo, pelagici grazie alla presenza della vescica natatoria hanno potuto sviluppare code omeocerche (con lobi uguali) e falciformi che sviluppano una forza propulsiva totalmente diretta verso l’asse d’avanzamento e quindi con il massimo rendimento. Inoltre la loro pelle con microscaglie o addirittura liscia è spesso ricoperta da ghiandole che secernono muchi atti ad aumentare lo scivolamento nell’acqua; tutto questo abbinato alle loro forme estremamente idrodinamiche fa degli osteiti pelagici gli animali marini più veloci del pianeta infatti l’istioforo o pesce vela riesce a toccare l’incredibile velocità di 110 km/h!

@ Conclusioni

Tutti gli animali marini come abbiamo visto hanno sviluppato adattamenti simili (pinne, idrodinamicità, ecc.) che gli permettono di nuotare e di vincere le correnti marine più forti. Tutti i casi trattati, quindi, ci portano alla conclusione che una forma idrodinamica e la presenza di pinne sono gli adattamenti vincenti per una vita di tipo nectonico pelagico. Anche l’uomo da tempo ha capito che tali adattamenti sono utili per solcare le acque al punto da costruire strutture che imitano quelle degli animali per spostarsi in mare, esempio ne sono le note pinne da sub o quelle tute che abbiamo visto indossare ai nuotatori alle ultime olimpiadi, queste ultime sono progettate in base al modello della pelle degli squali e riducono notevolmente l’attrito con l’acqua, infatti, sembrerebbe che i minuscoli solchi presenti sui dentelli della pelle degli squali riducano l’attrito del 10%, tale tecnica potrebbe essere usata anche nella costruzione di sommergibili o più in generale nell’industria aereo spaziale.

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