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  Gli Articoli di MondoMarino.net
Melibe fimbriata
- Emigrante lessepsiano -
di Francesco TURANO


  
Malibe (Melibe fimbriata)
Foto di Francesco TURANO
“Come previsto nel 1984 il nudibran­co Melibe fimbria­ta ha ampliato il suo areale mediterraneo ed è giunto anche in acque ita­liane. La notizia, una vera ghiottoneria zoologica, di quelle che anche i biologi marini dal palato più fine non disdegnano di dare, è una vera anteprima che AQUA offre ai suoi lettori e agli appassionati di nudi­branchi grazie alla scoperta di Francesco Turano. E in­fatti grazie alle sue osserva­zioni e alla sue foto scattate lungo coste calabresi dello Stretto di Messina che pos­siamo testimoniare l'arrivo di Melibe fimbriata Alder & Hancock 1864, anche nelle nostre acque.”

Così scriveva Angelo Mojetta sulle pagine di una rivista mensile dove la redazione si era ormai abituata al “foto-scoop” del mese. Una nuova specie entrava in Mediterraneo e ancora una volta ero testimone di ciò, documentando a dovere l'accaduto. Nel caso di questo nudibranco, appar­tenente a una famiglia am­piamente diffusa (Tethyidi, sottordine Dendronotacei), ci troviamo di fronte a una specie tipica dell'Oceano Indiano; ma nel 1982 alcuni esemplari vennero rinvenu­ti nella baia di Astakos, lun­go le coste ioniche della Grecia. La segnalazione permise di allungare la lista dei cosiddetti immigranti lessepsiani, cioè quegli organismi esotici che attra­verso il Canale di Suez sono passati dal Mar Rosso al Mediterraneo. La rotta ge­neralmente se­guita (Mar Ros­so, Suez, Israe­le, Ionio, fino al resto del Me­diterraneo) è, salvo eccezioni , quasi obbligato­ria e per questo diventa abba­stanza semplice ipotizzare per ciascuno di essi una gra­duale diffusione nel nostro bacino. Gli esemplari di questa spe­cie esotica (segnalati nel 1990 a Djerba, in Tunisia, e nel 1996 di nuovo in Gre­cia) sono stati avvistati dal sottoscritto in acque comprese tra i 3 e i 30 metri di profondità, su fonda­li caratterizzati dalla presenza di praterie di piante marine, come Ci­modocea nodosa o Halophila stipulacea.

  
Malibe (Melibe fimbriata)
Foto di Francesco TURANO
I ca­ratteri distinti­vi della specie si possono così elencare: corpo tra­slucido, piatto e allungato, costellato di papille e tuber­coli; una decina di coppie di "cera­ta", ovvero appendici dorsali con funzione respiratoria dispo­ste in maniera alternata, a forma di clava e schiacciate all'estremità; capo contraddistinto da un'enorme espan­sione che forma una sorta di cappuccio (velo orale) at­torno alla bocca; colora­zione generalmente gialla slavata, bruna o addirittura bianca, con tubercoli bru­ni, bianchi o grigi. Al tatto il nudi­branco appare mucoso e turgido, mentre le dimensioni superano di molto quelle massime di 14 cm citate in letteratura. Nonostante la forma dell'animale sia da conside­rarsi particolarmente curiosa in ogni sua parte, quello che è più insolito è il velo orale, che si presenta diverso secondo la funzio­ne svolta. Quando l'animale si nutre il velo orale si dilata enormemente, mettendo in risalto i tentacoli che ne co­stellano la superficie inter­na. Il cibo del mollusco è costituito da materiale organico in so­spensione, di cui sono ricchi i fondali dello Stretto, che viene convogliato verso la bocca da contrazioni del velo.
  
Malibe (Melibe fimbriata)
Foto di Francesco TURANO
Quest'ulti­mo muta di forma e funzio­ne quando l'animale ab­bandona il fondo e si mette a nuotare, una capacità questa tipica della famiglia. Prima di mettersi a nuotare Melibe cambia dunque di aspetto: chiude il velo orale tra­sformandolo in un'appendice piatta come la pala di un remo, il piede si re­stringe lungo una linea media­na, i cerata si sollevano verticalmente. Così facendo il nudibranco piatto si trasforma in un animale compresso e lanceolato e a modo suo idrodinamico. Il nuoto non è ovvia­mente paragonabile a quel­lo diritto e lineare di un pesce, ma è costituito piut­tosto da una serie di ondu­lazioni ritmiche e avvita­menti del mollusco nell'ac­qua, che gli consentono spostamenti brevi, utili per cercare nuove fonti di cibo o per sfuggire a qualche disturbatore, o ancora necessari per in­dividuare i partner con cui accoppiarsi. La permanenza in acque libere può durare a lungo, anche alcune ore, e in pre­senza di correnti costanti diventa un mezzo di indub­bia efficacia per gli spostamenti passivi. La riprodu­zione prevede un accoppia­mento tra due esemplari che si com­portano contemporaneamen­te da maschio e da femmi­na. Le uova sono contenute a gruppi di tre in capsule avvolte da un nastro gelati­noso, traslucido e aderente al fondo.Il caro Angelo Mojetta concludeva il suo articolo, nato dalle mie puntuali segnalazioni, con queste righe a me molto care, che mi preme riproporre integralmente:

  
Malibe (Melibe fimbriata)
Foto di Francesco TURANO
“Melibe fimbriata nasconde però ancora alcuni misteri, soprattutto quelli legati alla sua comparsa in Mediterraneo che, in base all'ultimo lavoro scientifico ad essa dedicato (Bollettino Malacologico, 1996), possono essere così riassunti: la specie non è ancora stata censita in Mar Rosso e neppure lungo le coste di Israele. Sono due punti di passaggio importanti, attentamente monitorati dagli studiosi e non si comprende come il mollusco possa essere loro sfuggito. Forse da quelle parti non c'era un Francesco Turano.”

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