Era lestate del 1981 e ci
trovavamo alle isole Eolie per fare un reportage foto-giornalistico sulle sette
isole dellarcipelago per la famosa rivista MONDO SOMMERSO. Io e mia moglie
Lucia eravamo imbarcati su un bel motoyacht il Maria Gabriella in
compagnia di altri subacquei e del direttore della rivista Franco CAPODARTE;
nei giorni precedenti, avevamo già fatto il reportage esterno e subacqueo di
Alicudi e Filicudi e stavamo facendo rotta verso Lipari quando abbiamo captato
alla radio di bordo un messaggio che avvisava del pericolo alla navigazione
a causa di una balena, ammagliata nelle reti spadare, alla deriva
nel tratto di mare tra Lipari e Salina.
Fra il guardarsi negli occhi ed il decidere di cercare la balena
passò un attimo e facemmo rotta verso la zona segnalata. Le indicazioni erano
comunque molto vaghe, sapevamo anche che ci voleva molta fortuna per trovarla,
ma dovevamo tentare! Dopo alcune ore di snervante ricerca eravamo abbastanza
demoralizzati ed a corto di carburante per cui decidemmo di tornare in porto
per il rifornimento e riprendere le ricerche successivamente. Fu proprio a questo
punto che la vedetta, posta con un binocolo sul punto più alto del ponte, urlò:
SOFFIA! Proprio come i vecchi balenieri!
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Alberto vicino alla testa del capogoglio. |
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Non volevamo
crederle, ma dopo poco vedemmo un altro soffio, proprio a dritta! Sembrava uno
scoglio in mezzo al mare, (eravamo lontani dalla costa alcune miglia) una secca
ove sinfrangevano le onde. Ci avvicinammo il più possibile e vedemmo chiaramente
la rete rossa che avvolgeva completamente la balena che soffiava
con un ritmo molto lento, la parte affiorante era pochissima in confronto a
quella immersa ma era molto grande egualmente; decidemmo di liberarla e di documentare
il tutto, io mi tuffai subito in acqua con maschera, pinne e macchina fotografica
per fare una prima ricognizione mentre gli altri preparavano le attrezzature.
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Giro di perlustrazione attorno alla testa. |
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Fino a quel
momento credevamo si trattasse di una semplice balena cioè di uninnocua
creatura senza denti, ma appena mi avvicinai sottacqua ebbi una sgradita
sorpresa: riconobbi linconfondibile sagoma di un CAPODOGLIO, come il terribile
MOBY DICK del capitano Akab! Munito di enormi denti come un Tirannosaurus rex
pronto a divorarci!!!! NON AVREMMO POTUTO LIBERARLO!!!! Era troppo pericoloso!
Mentre pensavo tutto ciò, scattavo concitatamente qualche foto, poi ritornai
sulla barca per riferire ai miei compagni ancora ignari sulla vera identità
della balena. Tutti concordarono con me che era estremamente pericoloso
liberare un mostro di quel tipo, fra laltro non avevamo notizie
di contatti diretti di subacquei con capodogli, le uniche notizie erano i terribili
racconti dei balenieri del famoso libro di Melville MOBY DICK, neanche eravamo
a conoscenza del fatto che in Mediterraneo ci fossero i capodogli!
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Lucia si avvicina al capodoglio, notare le dimensioni
del subacqueo vicino alla testa del cetaceo. |
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La povera bestia ansimava e potevamo
distintamente sentire il suo pesante respiro che chiedeva soccorso inoltre loccasione
era comunque molto ghiotta per Mondo Sommerso e per noi fotografi per cui decidemmo
di fare una perlustrazione in gruppo più approfondita per valutare meglio leventualità
della liberazione del mostro. Lasciammo lo yacht ad un centinaio
di metri e ci avvicinammo con il gommone io, Lucia, Franco e Piero ed uno skipper
sempre pronto a recuperarci velocemente se le cose si fossero messe male. Arrivati
con il motore al minimo ci lasciammo scivolare lentamente in acqua ed incominciammo
a gironzolare intorno a questenorme animale ansimante tanto grande che
per poterlo vedere per intero dovevamo allontanarci una decina di metri.
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Suggestiva foto del capodoglio ferito. |
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Fotografammo lanimale
da tutte le angolazioni; Lucia non riusciva a vederlo per intero, per le sue
dimensioni, allora scese in una lunghissima apnea per riprenderlo in controluce
e fu solo quando si ritrovò in superficie che si rese conto di essere arrivata
al limite delle sue prestazioni... avevamo deciso di non usare le bombole
per evitare che il rumore dellerogatore potesse innervosire lanimale.
Dopo qualche minuto cominciammo ad avvertire un ticchettio
ritmico (poi sapemmo essere il suo sonar) ed il suo lento, profondo e difficoltoso
respiro, sotto ed intorno a noi solo il blu di mille metri del Canyon di Stromboli, una
situazione irreale, fuori dal mondo! In questatmosfera avvenne il
miracolo: io sono convinto che il capodoglio ci contattò telepaticamente
dandoci sicurezza e tranquillità, la nostra paura svanì nel blu che ci circondava:
Non abbiate paura, liberatemi , non vi farò del male!.
Questo era il suo messaggio, tutti e quattro i subacquei abbiamo avuto la stessa
sensazione di sicurezza e quasi fosse normale, decidemmo di liberare il mostro
senza pensaci su!
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Alberto accarezza la testa del capodoglio. |
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Addirittura
ci sentivamo più sicuri vicino a lui che ad una certa distanza, quando ci avvicinammo
e toccammo quella pelle stranamente liscia, lacerata dalle maglie della rete
che ricopriva completamente il muso dellanimale impedendogli di aprire
la bocca, capimmo che non potevamo lasciare quel gigante prigioniero; Lucia
poi, come me, ha sempre pensato che gli animali capiscano i nostri pensieri
e le nostre intenzioni e credo che il grosso cetaceo capisse benissimo la nostra
intenzione di liberarlo; mentre Piero e Franco tagliavano la rete io e Lucia
lo accarezzavamo vicino agli occhi guardandogli proprio dentro e lui ci rispondeva
con il caratteristico ticchettio; non fu facile tagliare la rete, maglia per
maglia, con i nostri coltelli da sub che mai come in quella occasione rimpiansi
di non aver fatto affilare.
Il momento più emozionante è stato quando la rete sulla testa è
stata tagliata e lui ha spalancato la bocca girandosi verso me e Lucia; a quel
punto non nego di avere pensato che avrebbe potuto divorarci in un sol boccone
e mi sono bloccato con locchio dentro il mirino della macchina fotografica
ad inquadrare questa splendida scena!
Il capodoglio aprì lenorme bocca con estrema lentezza, quasi per fare un enorme
sbadiglio; io gli stavo di fianco e ricordo come in un film limmagine, che poi
fotografai, della grande bocca aperta in controluce; allora lanimale voltò la testa
verso di noi e ci guardò ed io ebbi la precisa sensazione che volesse ringraziarci.
Abbiamo dovuto inventarci una tecnica per tagliare la rete e liberare il capodoglio;
decidemmo diniziare dalla testa, tagliando la rete frapponendo le mani
fra essa e la pelle del cetaceo per evitare di ferirlo ulteriormente (sarebbe
stato più utile avere quelle forbici chirurgiche angolate e con le punte arrotondate);
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Piero e Franco tagliano le reti. |
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successivamente abbiamo
trazionato i due lembi della rete contemporaneamente da destra e da sinistra
e scappucciato la testa e buona parte del corpo; poi la rete si
incastrò sulla piccola pinna dorsale a questo punto Piero (lasciandoci di sasso!)
salì sul groppone e tagliò la rete; a questo punto abbiamo continuato lo scappucciamento
fino al peduncolo caudale ove si era formato un grosso groviglio, qui tagliare
la rete non è stato affatto facile, specie intorno alla coda perché la muoveva
dallalto in basso compiendo una escursione di alcuni metri che rendeva
problematica la compensazione di chi ci lavorava sopra munito di autorespiratore
e proprio per questo una piccola parte di rete è rimasta attaccata alla coda.
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Taglio delle reti sulla coda del copodoglio. |
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E stata
unesperienza indimenticabile specie per lo strano rapporto telepatico
che si è creato con questo splendido animale, anzi mi piacerebbe sapere cosa
ne pensano quelli che hanno più esperienza di me con i cetacei. Mentre continuavamo
a tagliare la rete si avvicinò una piccola barca di turisti che ci chiesero:
Lavete preso voi?. Quando finimmo il lavoro, alla coda del
capodoglio era rimasto attaccato un manicotto di rete che non eravamo riusciti
a districare; questo permise ad alcuni pescatori di riconoscerlo, due giorni
dopo, quando lo avvistarono al largo di Vulcano, e lo scortarono fino in mare
aperto.
E stata anche unesperienza unica perché a distanza di circa 20
anni non ci risulta che una simile avventura sia stata ripetuta e documentata
come la nostra.
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Taglio delle reti sulla coda del copodoglio. |
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Naturalmente
allepoca tutto ciò ebbe un grande spazio sulla stampa anche non specializzata,
pensate che addirittura FAMIGLIA CRISTIANA ci dedicò una copertina! Le nostre
fotografie furono utilizzate anche per una campagna contro le spadare da parte
di associazioni ambientaliste come il GRUPPO RICERCATORI ED OPERATORI SUBACQUEI,
MAREVIVO, LEGAMBIENTE, WWF, GREENPEACE, e riuscimmo a convincere il parlamento
Europeo a dichiarare fuori legge le reti spadare anche perché pericolose per
i delfini .
Forse quello che rimpiango di più, sembrerà strano, è di avere mediato questa
avventura attraverso il mirino di una macchina fotografica, non è facile da
spiegare a chi non fotografa, ma quando si cerca di farlo nel migliore dei modi
possibile si guarda il mondo non con i propri occhi ma con un obiettivo con
quella determinata lunghezza focale.
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Copertina Famiglia Cristiana. |
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Vedere è un fenomeno culturale
nel senso che noi non vediamo con gli occhi ma con il cervello cioè
con lelaborazione mentale-culturale che facciamo di quella determinata
immagine; gli occhi sono solo il punto in cui entra la luce con la sua immagine
ma la vera visione avviene nel cervello (pensate ai sogni!). Chi fotografa deve
immaginarsi come sarà la foto con quella luce, quella inquadratura, quella pellicola;
lemozione e la realtà vengono filtrate, le si vivono in funzione della
foto, non le si assaporano completamente e forse anche i pensieri possono essere
diversi!
Con questo non voglio dire che avrei preferito non avere la macchina fotografica, non
me lo sarei mai perdonato! Il vedere delle enormi fauci con denti molto simili a quelli di
un Tirannosaurus rex, ad un paio di metri di distanza attraverso un mirino è un po
come vederlo a cinema... è questa strana sensazione di falso che mi fa rimpiangere di non
averla vissuta dal vivo come per esempio ha fatto Franco che non ha neanche
toccato una macchina fotografica!
Le foto sono di Alberto ROMEO e Lucia SCORDATO
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