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  Gli Articoli di MondoMarino.net
Cefalopodi tropicali
- Trasformismi e veleni nel circo del reef -
di Massimo BOYER


  
Polpo stellato (Octopus luteus)
Foto di Massimo BOYER
Anni 1750, al largo di S. Elena. Due marinai svedesi intenti a verniciare le murate della nave vengono ghermiti da tentacoli mostruosi e trascinati verso una morte orribile negli abissi. L’episodio, riferito dal naturalista francese Denys de Montfort nella sua Histoire Generale des Mollusques (1802) non è che uno dei tanti esempi. A partire dalla Naturalis historia di Plinio il Vecchio, testi più o meno scientifici e cronache della marineria sono pieni di racconti su piovre giganti mangiatrici di uomini. Per tacere della letteratura fantastica, da Verne a Benchley. Nell’immaginario collettivo ai cefalopodi sono spesso associate le immagini di tentacoli lunghi decine di metri che avvolgono interi vascelli in un abbraccio mortale.


  
Polpo ad anelli blu (Hapalochlaena lunulata)
Foto di Massimo BOYER
Anni 1950, Darwin (Australia settentrionale). Due amici poco più che ventenni escono dall’acqua palleggiandosi un minuscolo polpo, non più di 10 cm, dall’insolita livrea ad anelli blu. I due fanno a turno nello stuzzicarlo, nel farlo camminare sulla propria spalla. Quando alla fine uno si decide a liberare l’animaletto scopre una macchietta di sangue dove poco prima poggiava la bocca del polpo. Nessun dolore per il morso, ma presto sopravvengono chiari sintomi di avvelenamento: secchezza delle fauci, difficoltà a respirare, paralisi. Circa 2 ore dopo, con buona pace del solerte de Montfort, la scienza medica registra il primo caso certo di un essere umano ucciso da un cefalopode, e ad uccidere non è una piovra gigante ma uno dei più piccoli polpi esistenti (di cui contemporaneamente viene scoperta la pericolosità). Ai giorni nostri il numero totale delle vittime accertate dei polpi ad anelli blu è di 3, al primo vanno aggiunti un altro giovane australiano e un ragazzino singaporese, tutti “colpevoli” di aver afferrato e provocato il loro uccisore. Almeno in un’altra decina di incidenti analoghi la prontezza dei soccorritori ha evitato la tragedia.


  
Polpo della sabbia (Octopus sp. 3)
Foto di Massimo BOYER
Tutti i cefalopodi sono forniti di un acuminato becco corneo, al centro della corona dei tentacoli, e molti polpi utilizzano una saliva velenosa per ridurre all’impotenza la preda (un crostaceo, un pesce) e poterla mangiare con calma. Nei polpi ad anelli blu le ghiandole salivari albergano una popolazione di batteri che producono la micidiale tetrodotossina. Un veleno potentissimo che agisce bloccando la trasmissione dai nervi ai muscoli volontari: la vittima rimane conscia e lucida, il cuore batte regolarmente, ma gli arti cadono inerti. La morte è per paralisi respiratoria, può essere evitata mediante respirazione artificiale protratta fino al recupero.

Esistono almeno 8 specie di polpo ad anelli blu, tutte diffuse nelle acque dell’arcipelago Indo-Australiano. Quella delle nostre fotografie, scattate in Indonesia, è Hapalochlaena lunulata, o polpo dagli anelli grandi. Delle morti in Australia è responsabile una specie diversa, con anelli più piccoli: in passato erroneamente identificata come H. lunulata, dovrà esserle assegnato un nome diverso. Comunque tutte le specie di Hapalochlaena, fino a prova contraria, vanno considerate pericolose. Le macchie blu, che lampeggiano in presenza di un potenziale aggressore, sono un chiaro avvertimento: «Attenzione, mordo».


  
Polpo delle noci di cocco (Octopus marginatus)
Foto di Massimo BOYER
Chi faccia immersioni in località di barriera corallina, non avrà comunque molte occasioni di osservare polpi o seppie. E aggiungiamo: purtroppo; perché l’osservazione di questi animali, e specialmente di alcune magnifiche specie scoperte di recente, non ancora descritte dalla scienza ufficiale, rientra in quegli episodi da sottolineare due volte sul log-book. Come nel caso del fantastico Octopus marginatus, che quando vive su fondali prospicienti a villaggi Indonesiani ha imparato a utilizzare come tana due mezze noci di cocco, materiale che gli uomini utilizzano e gettano in mare quando non serve più. A loro.


  
Polpo delle noci di cocco (Octopus marginatus)
Foto di Massimo BOYER
Qual’è il problema con i cefalopodi? Intanto la maggior parte delle specie tropicali è di piccola taglia (ormai avrete capito che non parliamo di piovre giganti), molti sono notturni, inoltre il loro comportamento li porta a cercare sempre di nascondersi, di passare inosservati. Un cefalopode di solito non ha protezioni efficaci contro i predatori, il suo corpo molle è relativamente facile da sottomettere quando si possiedono denti affilati. La migliori difesa è scomparire, fondersi con l’ambiente. Anche la mortale Hapalochlaena tiene normalmente gli anelli blu contratti, preferisce passare inosservata e anzi è molto difficile vederla. Si manifesta solo quando capisce di essere stata individuata, e morde solo se provocata.


  
Seppia gigante del reef (Sepia latimanus)
Foto di Massimo BOYER
I cefalopodi sono i veri maestri del mimetismo: nessun altro animale è in grado di cambiare colore e forma con la stessa rapidità e precisione nell’imitare il modello. Nella loro cute esistono milioni di cellule dette cromatofori, in cui è concentrato un pigmento colorato. Milioni di puntini di colori diversi, ognuno può essere stirato da fibre muscolari, espandendo la macchia di colore. Ogni cromatoforo è innervato indipendentemente, per cui le possibili combinazioni di colore sono infinite. Con un sistema non molto diverso si formano le immagini su uno schermo televisivo.

  
Seppia gigante del reef (Sepia latimanus)
Foto di Massimo BOYER
Altre cellule, dette iridofori, sono responsabili di riflessi e iridescenze, come gli anelli blu. Altre fibre muscolari, stirando o avvicinando punti lungo la pelle, possono rendere la superficie dell’animale liscia o rugosa, con escrescenze e ramificazioni: ecco l’imitazione perfetta di un corallo o di un’alga, che ci fa notare la grossa seppia tropicale (Sepia latimanus, 70 cm di lunghezza) solo quando ci andiamo a sbattere con la maschera! Per non parlare dei cambiamenti di colore che accompagnano la vita sociale di questi animali, gli scontri, l’accoppiamento (guarda alcune foto).


  
Sepiola (Euprymna berryi)
Foto di Massimo BOYER
La piccolissima sepiola Euprymna berryi vive in simbiosi con batteri bioluminescenti. La luminosità prodotta verso il basso eguaglia il bagliore della superficie del mare di notte, e cancella la sua sagoma ai predatori che guardano dal basso verso l’alto. Ovviamente questi perfezionatissimi meccanismi mimetici sono basati su un sistema visivo altrettanto evoluto, sul fatto che seppie e polpi percepiscono in modo molto fine l’ambiente esterno a cui uniformarsi, in virtù di un occhio paragonabile a quello dei vertebrati.


  
Polpo imitatore (Octopus sp. 1)
Foto di Massimo BOYER
Chi ha un veleno pericoloso per gli aggressori lo fa sapere, chi non ce l’ha si mimetizza, si confonde con quello che ha intorno: coralli, alghe, gorgonie, crinoidi. E chi ha poco o nulla con cui confondersi? Sui fondali di sabbia dell’Indo-Pacifico vive una specie di polpo non ancora descritta ufficialmente, conosciuta come polpo imitatore. Nel suo ambiente i nascondigli sono pochi, e allora il piccolo millantatore sembra aver evoluto la capacità di assomigliare a qualcosa di poco gradito ai suoi predatori, di pericoloso, imitando altri animali anche nel comportamento. Se si sente minacciato può appiattirsi e assumere le sembianze di una sogliola velenosa, o allungare due tentacoli nelle opposte direzioni e muoverli a mo’ di serpente marino. Non ci sono limiti alle sue possibilità, e alle possibilità dell’osservatore di vedere negli atteggiamenti del polpo l’imitazione di altri soggetti... Personalmente penso che a volte si sia un po’ esagerato nell’attribuire all’imitatore la capacità di riprodurre tanti modelli. È vero d’altronde che il polpo osserva e impara anche da animali diversi da lui; insomma, è probabile che qualche imitazione sia intenzionale.


  
Wonderpus (Octopus sp. 2)
Foto di Massimo BOYER
Una specie simile, diffusa in Indonesia, Filippine e Papua, viene chiamata wonderpus per la bellissima livrea e per le clownesche doti di attore. Come l’imitatore anche wonderpus può rassomigliare a animali diversi, ma può semplicemente esibirsi in pose plastiche in cui mette in evidenza magnifiche bande colorate. Si rende evidente, insomma, e c’è chi pensa che possa farlo per avvertire l’aggressore (e potenziale vittima) della propria pericolosità.


  
Seppia flamboyant (Metasepia pfefferi)
Foto di Massimo BOYER
Sui fondi vulcanici del Pacifico occidentale incontriamo un altro straordinario personaggio. La seppia flamboyant (Metasepia pfefferi) va a passeggio sul fondo: i tentacoli più esterni appoggiano alternativamente, facendo da zampe anteriori. Le “zampe posteriori” sono espansioni della parte inferiore del corpo. Il risultato è una goffa andatura quadrupede, ma se ci avviciniamo troppo Metasepia scatta all’indietro, espellendo acqua dal sifone e mette in evidenza macchie di colore straordinarie: onde bianche, rosse, gialle che fiammeggiano lungo il corpo. Ancora un avvertimento, o un bluff?


  
Seppia dei crinoidi (Sepia sp.)
Foto di Massimo BOYER
Entrambi gli ultimi due cefalopodi potrebbero essere veleniferi (capaci di iniettare veleno con un morso) o velenosi (tossici per ingestione). Altri studi sono necessari, ai posteri l’ardua sentenza. Noi ci limitiamo a osservare e fotografare.

Articolo pubblicato sulla rivista Aqva, n. 176, anno 2002.

@ Per saperne di più

Al Celebes Divers avrete la possibilità di andare in vacanza a Manado, presso il diving center gestito dall’autore di questo articolo, e di imparare ad osservare questi animali meravigliosi.
Informazioni complete al sito www.kudalaut.com.
Informazioni sulla vita nei mari Indonesiani al sito www.edge-of-reef.com.

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