"Lo Xiphia immane, di sua spada altero
Vien de l'Italia a le beate piagge
E ratto l'onda del Tirren solcando"
(Diego Vitrioli)
Una leggenda dell'antica Grecia
narra che i Mirmidoni, smaniosi di vendicare l'uccisione di Achille avvenuta
durante la guerra cantata da Omero per mano dei Troiani, mossero contro costoro
che evitarono la rappresaglia con la fuga; rabbiosi per non aver raggiunto il
loro intento ,annegarono lanciandosi in mare : per tramandare questo nobile
gesto Tetide, la dea marina madre del condottiero , li tramutò in pesci
dal lungo rostro a ricordo imperituro della loro arma.
Noto fin dall'antichità e diffuso in tutte le acque temperate del globo,
il pesce spada fu a torto considerato un feroce abitatore dei mari ed uno spietato
nemico di ogni specie ittica, motivo per cui raramente lo vediamo raffigurato
nell'iconografia dell'epoca dove invece domina l'immagine del delfino, fedele
accompagnatore del dio Nettuno, sempre considerato amico dell'uomo.
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Pesce spada raffigurato in un bassorilievo in Egitto
nel tempio di Deir el Bari che mostra le navi della regina Hasceput in partenza
per la terra di Punt |
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Nel XVIII secolo Carlo Linneo ne classificò il genere
Xiphias (dal greco= rostro) e la specie gladius (dal latino=spada),
collocando questo pesce nel vasto gruppo dei "Teleostei", ordine degli
"Sgombroidei|" e famiglia degli "Xifidi".
Solo Aristotele(384-322 A.C.), a ben ragione reputato il padre della zoologia,
nella sua opera la "Storia degli animali" aveva per primo descritto
dettagliatamente questo pesce annotandone minuziosamente le abitudini.
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Litografia originale in mio possesso colorata all'acquarello
stampata a Napoli da Petroja nel 1868 |
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Dal dorso di un colore azzurro-plumbeo
che cambia in argenteo sui fianchi e sul ventre, presenta un corpo di forma
slanciata che raggiunge anteriormente la sua massima circonferenza per poi assottigliarsi
sempre più fino al peduncolo caudale dove sui lati spiccano due vistose
carenature.
E' l'animale marino più veloce dopo il pesce vela grazie alla grande
coda dai lobi lunghi ed appuntiti che gli permettere di superare i 93 km orari,
rilevamento ottenuto calcolando la forza di penetrazione della spada nel fasciame
di alcune imbarcazioni.
La
spada, singolare attributo da cui deriva il suo nome, è formata dalle
ossa nasali e della mascella superiore che, unite saldamente tra loro , si protendono
per circa 1/3 della lunghezza totale del corpo fino a formare un rostro acuminato,
piatto, oblungo, dai bordi affilati e minutamente seghettati.Raggiunge inoltre
ragguardevoli profondità e, come riportato da Costeau, nel 1967 un esemplare
di 89 kg rimase incastrato in una giuntura dello scafo del sommergibile oceanografico
"Alvin" che stazionava sui 610 metri.
Eterotermico e quindi con la temperatura corporea che si uniforma a quella dell'acqua
in cui nuota, generalmente non sopporta che questa si abbassi sotto i 15°.
Nei momenti in cui la parte esterna del corpo tende a raffreddarsi oltre tale
limite durante i suoi inabissamenti, un organo particolare, una vera "stufa
biologica"dal peso di 50/100 g, situato in una delle due orbite e connesso
al muscolo oculare nei pressi del cervello, riesce a mantenere costante la temperatura
del sangue arterioso che a questo affluisce, permettendo all'animale di mantenere
integre le capacità vitali.
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Pesce spada nella rete (l'Enciclopedia del Sub Fabbri
Editore) |
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Dopo il periodo invernale trascorso nelle acque profonde del basso
Tirreno, affiora in superficie verso la prima decade di giugno lungo le coste
calabre tra Scilla e Palmi con l'approssimarsi del periodo dell'accoppiamento
che si protrae fino al mese di agosto, quando cambia la sua rotta costeggiando
in senso inverso lo Stretto di Messina.
Generalmente solitario, durante il corteggiamento manifesta un attaccamento
risaputo verso la sua occasionale compagna e tale da portarlo a volte anche
alla morte se questa viene ferita od uccisa.
La femmina depone fino ad 800.000 uova, galleggianti, di forma sferica , trasparenti
e dal diametro di 1,6-1,8 mm la cui sopravvivenza, il 2% circa, è condizionata
dalle condizioni meteorologiche, dall'inquinamento e dalla maggiore o minore
voracità di altri pesci e degli uccelli marini.
Il periodo d'incubazione dura dai 2 ai 3 giorni, trascorsi i quali dall'uovo
dischiuso trae origine una larva di circa 4 mm, dalla forma molto appiattita
e dalla colorazione nerastra con sfumature giallo-citrino; dopo il quarto giorno
di sviluppo questa comincia ad aprire lentamente la bocca, gli occhi si pigmentano
di nero con riflessi iridati e si ha un primo accenno delle pinne pettorali
mentre quella dorsale da unita, comincia a scindersi nettamente.
Raggiunge in seguito rapidamente i 13 mm e con già abbozzata la caratteristica
spada comincia ad avvicinarsi all'aspetto del pesce adulto. Già in autunno
il peso si aggira fra i 3/4 kg e gli "spadelli", nome dialettale degli
esemplari giovani, si aggirano in branchi di numerosi individui facile preda
delle reti a circuizione, a dispetto del divieto di pesca e commercializzazione
in questo stadio. Non si hanno dati certi sulle fasi successive di sviluppo,
ma si calcola approssimativamente che il peso medio venga raggiunto solo dopo
alcuni anni di vita.
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Il "lunetri" da una vecchia cartolina che
riproduce una foto ottocentesca di Mauro Ledru. |
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La sua cattura fino agli anni
cinquanta avveniva soltanto nello stretto di Messina e per un limitato periodo,
con le imbarcazioni ed il sistema di pesca descrittici dettagliatamente dagli
storici greci Strabone e Polibio.
Numerose cronache e le leggende fiorite intorno a questo fiero abitatore dei
mari ci sono poi state tramandate da molti scrittori e poeti vissuti in epoche
successive.
In origine la sua cattura fu dunque una vera caccia, fatta di sudore e di ardimento,
una competizione tra l'uomo ed il pesce che affondava le radici nel costume,
nella tradizione e nella cultura delle varie epoche succedutesi.
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Passerella - Foto di Raffaele MINASI |
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La fine degli anni
'50 vide l'avvento delle "passerelle", tipo di imbarcazioni importato
pare dal Cile, e con esse la scomparsa dei vecchi "luntri", denominazione
dialettale delle tradizionali imbarcazioni; i remi furono sostituiti dal motore
e ciò permise all'uomo di catturare una maggiore quantità di esemplari
con minore sforzo, trasformando il vigoroso e mitico "lanciatore"
in macellaio e la caccia in prosaica pesca.
E lentamente sparì anche il profondo senso di comunanza che legava quella
gente di mare lungo le due sponde dello Stretto e che caratterizzava gli usi
secolari che stabilivano la suddivisione della zona di caccia, la ripartizione
dei proventi ed il compito che ciascun componente dell'equipaggio doveva osservare
secondo il ruolo rivestito.
Ma, parafrasando un vecchio detto, chi "di arpione ferisce di arpione perisce",
ed ormai da alcuni anni anche queste ultime sono andate in disarmo per l'introduzione
un nuovo attrezzo molto più redditizio dell'antico arpione: il "palangrese",
una lenza galleggiante, armata di ami, lunga a volte migliaia di metri e che
spesso cattura anche animali protetti come le tartarughe ed i delfini.
Grandi e micidiali pescherecci oggi solcano tutte le acque in tutte le stagioni
e con la loro sistematica ed irrazionale razzia portano ogni giorno ad una inevitabile
rarefazione di questi animali creando già fatali squilibri ecologici.
Caccia con gli antichi "luntri", poi diventata pesca con le "passerelle"
è oggi industria con i "palangresi": un'industria inflessibilmente
distruttrice e che domani, un domani forse ormai prossimo, potrà portare
più al nulla: né caccia, né pesca, né industria
ed a rimanere saranno solo i ricordi, i ricordi di una leggenda che racconta
quando una volta c'era il pesce spada!
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