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La balenottera
- Il gigante del Mediterraneo -
di Francesco RICCIARDI


  
Balenottera comune (Balaenoptera physalus)
Foto di Francesco RICCIARDI
Un gigante pacifico. Non esiste forse una definizione più adatta a descrivere la balenottera comune, l'animale più grande del Mar Mediterraneo, che arriva fino a 25 metri di lunghezza e può pesare fino a 60 tonnellate. Nonostante queste dimensioni, ancora molte persone credono che nel nostro mare non ce ne siano, forse per un retaggio culturale che vuole che i grandi cetacei siano abitanti tipici dei mari polari, freddi ma ricchi di cibo. Da recenti stime sembra che la popolazione di questi grandi mammiferi (il cui nome scientifico è Balaenoptera physalus) si aggiri nel Mediterraneo intorno ai 3000-4000 esemplari, che durante l'estate si raggruppano in gran numero nel neonato "Santuario dei Cetacei", la zona di mare compresa tra Liguria, Francia e Corsica che per una serie di eventi è molto più ricca di nutrienti del resto del bacino del Mediterraneo.
  
Area chiamata "Santuario dei Cetacei"
Grazie a questa abbondanza, la balenottera sa di poter trovare nella zona enormi quantità di quel gamberetto mesopelagico, la Meganyctiphanes norvegica, di cui si ciba nella misura di più di 5 tonnellate al giorno.
La balenottera, che appartiene a quel gruppo di cetacei chiamato "Misticeti" (i cetacei con i fanoni, le formazioni cornee presenti all'interno della bocca che permettono loro di "filtrare" l'acqua) è un animale di cui in realtà si sa ben poco. Per esempio, non si sa con esattezza dove vada a svernare: sembra ormai provato che non migri nell'Atlantico attraverso Gibilterra, visto che è differenziata geneticamente dalle sue conspecifiche atlantiche. Si pensa che invece le balenottere si dirigano nella zona meridionale del Mediterraneo, disperdendosi e aspettando la fine dell'inverno dando alla luce i piccoli e prendendo qualche "spuntino" in attesa delle abbuffate estive.
Ultimamente si è iniziato a capire qualcosa di più del suo comportamento sott'acqua di questo mammifero che, come tale, deve tornare in superficie per respirare. Si è scoperto che è in grado di immergersi fino a quasi 500 metri di profondità, alla ricerca delle sue prede. Una volta individuato un gruppo di gamberetti, la balenottera si muove all'interno di esso, dall'alto verso il basso, a fauci spalancate. Come faccia esattamente a trovare le sue prede è al momento ancora sconosciuto, visto che non ha a disposizione il biosonar sviluppato dai suoi "cugini" delfini.
E' piuttosto comune trovare questi grandi animali da soli, ma non è raro anche incontrare dei piccoli gruppi anche di 5-6 esemplari. Una caratteristica eccezionale che influenza la loro struttura sociale è la notevole capacità di comunicazione: i suoni che le balenottere emettono, ad una frequenza talmente bassa da non essere udibili dall'orecchio umano, si propagano anche per migliaia di chilometri, addirittura da un capo all'altro dell'oceano. Non è quindi escluso che gli animali che risiedono in una certa area si tengano in comunicazione tra loro, in una sorta di "branco acustico", ai fini magari di condividere alcune informazioni importanti come la localizzazione del cibo. La loro presunta scarsa socialità potrebbe essere quindi un pregiudizio da sfatare.

  
Balenottera comune (Balaenoptera physalus)
Foto di Francesco RICCIARDI
Questi maestosi animali a prima vista sembrano godere di buona salute nel nostro mare. Al riparo dalla caccia praticata dall'uomo, non hanno predatori naturali soprattutto durante la vita adulta, e sembrano quindi non doversi preoccupare più di tanto. In realtà, non è raro avere notizie di una balenottera centrata da qualche mercantile in transito o da qualche nave che naviga ad alta velocità. In più, un pericolo ancora più subdolo e invisibile ne mette in pericolo la salute: l'inquinamento, le migliaia di tonnellate di sostanze tossiche che ogni anno vengono riversate nel mare si accumulano lentamente ma continuamente nel corpo di questi animali e vengono trasmesse da madre a figlio durante l'allattamento. Gli effetti di queste sostanze possono essere imprevedibili ma disastrosi: possono minare il sistema immunitario, esponendo questi animali a malattie da cui prima erano protetti, oppure interferire con gli ormoni e andare ad alterarne in modo drammatico l'apparato endocrino con effetti disastrosi sulla riproduzione. Con il rischio che, negli anni futuri, sia sempre più difficile scorgere in lontananza quel caratteristico soffio che preannuncia l'incontro con una delle forme viventi più straordinarie che la natura sia riuscita ad evolvere.

"Perché chiamare questo pianeta Terra, mentre chiaramente esso è Oceano?"
(A.C. Clarke)


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